IL PROCESSO

Crollo con 13 vittime all'Aquila, rischio prescrizione

Tragedia in via D’Annunzio, lunedì giudizio d’appello a tempo scaduto: beffate le parti civili che vogliono conoscere almeno la verità processuale

L’AQUILA. Uno dei più importanti processi per i crolli causati dal terremoto del 6 aprile 2009, con 13 vittime, rischia di morire nei gorghi della prescrizione. Lunedì si terrà il processo di appello, per la tragedia di via d’Annunzio, all’unico imputato l’ingegnere Fabrizio Cimino, accusato di omicidio colposo plurimo e disastro colposo. In primo grado fu condannato a 3 anni e mezzo di reclusione. In appello la pena fu ridotta a dieci mesi ma poi, in Cassazione, ha avuto buon gioco il ricorso presentato dall’avvocato Stefano Rossi, visto che i giudici hanno annullato la condanna rinviando gli atti alla Corte d’Appello di Perugia. Il fatto è che dal giorno della tragedia il limite dei sette anni e mezzo previsto per definire il processo è stato varcato. E, qualora, per assurdo non fosse così, ci sarebbe comunque un ricorso in Cassazione con tempi biblici. Una beffa per le parti civili che confidavano in una verità processuale definitiva, qualunque fosse stata.

Il palazzo fu realizzato all’inizio degli anni Sessanta con modalità errate i cui effetti si sono concretizzati con il crollo. Nessuno tra coloro che edificarono quel fabbricato è mai salito sul banco degli imputati visto che erano già tutti morti (tranne uno) prima del 6 aprile 2009. A quel punto il pm ha incolpato il tecnico che si occupò dei restauri fatti nel 2002. Secondo l’accusa, in occasione dei lavori, Cimino avrebbe dovuto rilevare che l’edificio era stato progettato male e avrebbe dovuto informare i condòmini di questo problema. Dunque, una contestazione omissiva. Nel corso del processo di lunedì, pertanto, i giudici, dovrebbero dichiarare la prescrizione. Anche se potrebbe essere anche dichiarata subito l’assoluzione nel caso che risulti palese l’innocenza. Ma per i giuristi è ipotesi poco probabile anche per via del fatto che in precedenza ci sono state due condanne. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Antonio Milo, Berardino Ciucci, Antonio Di Mizio, Ascenzo Lucantonio, Francesco Valentini. In realtà ci sarebbe anche un altro imputato. Si tratta di Filippo Impicciatore, da sempre irreperibile, che partecipò ai lavori fatti mezzo secolo fa. L’uomo, ora 84enne, è stato condannato in contumacia in primo grado, ma il processo di appello non si farà a meno che non venga rintracciato. L’ultimo suo domicilio è in un hotel di Caracas, in Venezuela, ma non è stato mai contattato al punto che gli investigatori non escludono che nelle more del procedimento sia deceduto data l’età avanzata. Lo difende l’avvocato Ersilia Lancia.

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