Delitto Colabrese, lo strazio dei genitori

31 Maggio 2016

Da 8 mesi la Procura nega la restituzione della salma. Madre e padre disperati: «Lo stanno uccidendo una seconda volta»

SULMONA. È disperata e piange continuamente perché ancora non riesce a dare una degna sepoltura al figlio che le hanno ammazzato: «Voglio solo che me lo ridiano. Lo stanno uccidendo una seconda volta». Sono trascorsi otto mesi e la Procura della Spezia, nonostante gli accorati appelli dei genitori, Annarita Grossi e Luciano Colabrese, continua a negare la restituzione del corpo del 27enne Giuseppe Colabrese ai familiari. L’ultima risposta negativa è arrivata dieci giorni fa, quando gli avvocati Alessandro Rotolo e Federica Benguardato sono andati a parlare con il procuratore capo e il sostituto Claudia Merlino nella città ligure. I legali hanno esposto la necessità e il bisogno dei genitori e dei parenti di poter piangere il giovane su una tomba. Per l’ennesima volta si sono sentiti rispondere che il corpo deve ancora restare a disposizione degli inquirenti per procedere ad altri esami propedeutici alla individuazione dei responsabili dell’omicidio. «È assurdo tutto ciò che sta avvenendo», affermano i legali della famiglia Colabrese, «è forse la prima volta in Italia che una Procura avverta la necessità di concedersi tutto questo tempo per svolgere gli esami. Non riusciamo a capire questo comportamento anche perché è da un mese che il Ris ha riconsegnato la relazione sugli esami delle tracce ematiche. E al momento non sono stati richiesti dalla Procura e dagli inquirenti altre perizie sul corpo che, a questo punto, deve essere riconsegnato ai familiari per la celebrazione dei funerali».

Un diritto sacrosanto quello rivendicato dai genitori che, dopo aver perso un figlio in un modo così atroce, aspettano dall’ottobre dello scorso anno, da quando il corpo senza vita di Giuseppe Colabrese è stato ritrovato nel bosco di Romito Magra. La svolta che si attendeva con l’esito degli esami ematici non è arrivata e gli investigatori sembra si siano incartati. Le risultanze genetiche sui campioni analizzati hanno consentito di stabilire che non sono compatibili con quelle di Francesco Del Monaco, amico di Colabrese, e al momento unico indagato nella vicenda. La perizia eseguita dal maresciallo del Ris, Claudio Bellino, ha stabilito che «le potenziali tracce di sudore asportate dagli occhiali, le tracce di presunta origine ematica individuate sulla suola di una scarpa e sugli indumenti, le radici delle strutture pilifere (tranne una) non hanno consentito di evidenziare alcun profilo genotipo geneticamente interpretabile. Una traccia biologica evidenziata sulla superficie della scarpa destra ha consentito di ricavare un profilo genotipico relativo ad un soggetto sconosciuto. La radice di una struttura pilifera asportata dalla superficie posteriore dei pantaloncini ha consentito di ricavare un assetto genotipo complesso, (profilo misto), relativo a più individui. Lo studio di tale miscela ha permesso di interpretare una componente all’elica maggioritaria ad un secondo soggetto sconosciuto. Il confronto dei predetti profili con quello della vittima e dell’indagato Francesco Del Monaco, non ha evidenziato alcuna compatibilità».

Il che significa che all’omicidio di Giuseppe Colabrese avrebbero partecipato più persone, almeno tre, per i periti. Una storia senza fine quindi, anche perché, a questo punto, il caso si riapre con l’unico indagato che vede alleggerire la sua posizione.

Claudio Lattanzio

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