Diarrea, malati isolati in tenda

Cinquanta casi in un solo campo, scattano le misure di sicurezza. Disposte le analisi per capire l'origine dell'infezione collettiva

 L'AQUILA. Cinquanta malati in isolamento nelle tende causa diarrea. La colpa è tutta di un virus che nel giro di 20 ore ha perso la sua forza. È questa l'ultima delle «grane» che hanno dovuto risolvere i medici delle aree di accoglienza, il modo elegante con cui i cartelloni rossi della Protezione civile chiamano i campi degli sfollati. Parte da qui il viaggio tra le malattie e le cure, la prevenzione e i comportamenti da attuare da parte di chi sta nelle case di tela. A tracciare il quadro della situazione è il medico Giuseppe Matricardi, dirigente del dipartimento di prevenzione.

 NESSUNA EPIDEMIA. «Non ci sono allarmi diffusi», spiega il dirigente Asl. «Bisogna ragionare su un punto. In questo momento, nella città sparsa delle tendopoli, si vive una situazione del tutto particolare. La popolazione vive in maniera estremamente ravvicinata nei vari campi, dove ci sono le situazioni sociali le più disparate. In un contesto del genere, è facile che ci sia un deficit nell'igiene personale, il lavaggio delle mani e dei capelli, la cura della persona. In condizioni di popolazione assembrata è molto facile che possano esplodere piccole contaminazioni come diarree, pidocchi e sindromi respiratorie». Bronchiti, polmoniti e raffreddori non sono cessati. «Con 6 gradi di minima la notte mi sembra anche normale», spiega ancora Matricardi. «Dal punto di vista epidemiologico non ci sono situazioni degne di nota, ma in maniera puntiforme piccole esplosioni possono accadere».

 LE CONTROMISURE. Nelle tende la maggior parte della gente è anziana. «Infatti, i giovani sono andati quasi tutti sulla costa», sostiene il dirigente Asl. E nelle tendopoli ci sono persone che in tenda non sono mai state prima d'ora. Per questo, c'è chi tralascia regole minime d'igiene che diventano fondamentali specialmente quando si vive in comunità. «Gli alimenti sono controllati, così come l'acqua potabile. Ma bisogna ricordare alcune regole minime di educazione sanitaria». Sta per partire una campagna, affidata a personale Asl (un primo gruppo di 12 infermieri) su come si sta in tenda, come si utilizzano i bagni chimici, come ci si lava le mani. Gli infermieri che gireranno nei campi dovranno anche individuare con maggiore precisione i bisogni individuali. Controlleranno anche se gli ospiti bevono e si alimentano in maniera sufficiente. Per prendere una diarrea basta aprire la porta del bagno chimico e poi non lavarsi le mani. L'ultimo caso in ordine di tempo, quello della tendopoli alle porte della città che ha messo in isolamento gli ospiti con febbre e diarrea, ha fatto scattare la procedura di sicurezza. Isolate in tenda le persone con diarrea febbrile (durata 18-20 ore), sono stati effettuati prelievi per capire l'origine dell'infezione, virale o batterica. «I casi aumentano perché c'è ancora tanta gente attendata», dice Matricardi. «I numeri aumenteranno, mi meraviglierei del contrario. La cintura sanitaria di Asl e Protezione civile è perfetta. Tuttavia, gli sbalzi di temperatura e il divario tra notte e giorno possono aggravare la situazione».

 TOPI E INSETTI. Dopo la corposa derattizzazione in centro storico, la bonifica si è spostata nelle tendopoli, dove, oltre alle esche, sono stati montati anche i sistemi a ultrasuoni, specialmente vicino alle cucine. Sono previste campagne contro mosche e zecche. A piazza d'Armi la disinfestazione è già cominciata. In altre tendopoli, specialmente nelle zone rurali, si sta procedendo al taglio dell'erba nei dintorni dei campi. Il caldo potrebbe creare grossi problemi di tipo sanitario, quindi occorre superare la fase delle tende.

 L'AFFOLLAMENTO. «Se qualcuno rientrasse in casa il quadro cambierebbe radicalmente», dice in conclusione il medico. «Tuttavia c'è una dimensione psicologica da non sottovalutare. La gente deve poter rientrare in casa in condizioni di sicurezza. Il numero degli allacci di gas richiesti per le case agibili è ancora troppo basso. Vuol dire che la gente non ha fiducia e non se la sente di rientrare nel timore di subire un nuovo shock. Le parole d'ordine, ora, sono due: normalizzazione e stabilizzazione. Su questo si registrano la costante attenzione e il massimo supporto da parte del manager dell'Asl».