Docente detenuto in Albania, gli studenti: «Un vuoto enorme senza di lui»

Riparte la mobilitazione per il professore universitario in cella dopo un incidente stradale mortale. Scrivono anche due associazioni scientifiche: «Ti aspettiamo». La compagna: «Situazione durissima»
L’AQUILA. L’arresto del professor Michele D’Angelo in Albania continua a scuotere profondamente l’ambiente accademico, suscitando incredulità e solidarietà. La sua assenza, ormai di oltre due mesi, pesa come una ferita per colleghi e studenti dei laboratori di Neurobiologia Applicata e Neuroimaging dell’Università dell’Aquila, che si sentono privi di guida e punti di riferimento. «Siamo profondamente scossi dalla dolorosa situazione che sta vivendo il nostro stimatissimo professore» scrivono i suoi allievi, «il suo improvviso allontanamento ha lasciato un vuoto enorme, non solo umano, ma anche professionale».
Accanto a loro si sono schierate anche le società scientifiche Stem Cell Research Italy (Scr Italy) e Gei–Società Italiana di Biologia dello Sviluppo e della Cellula, che hanno espresso pubblicamente la propria vicinanza, ricordando D’Angelo come «cittadino integerrimo, scienziato valentissimo e docente apprezzato a livello internazionale». Dopo settimane di silenzio e attesa, la preoccupazione nel mondo accademico cresce. Le due associazioni scientifiche hanno voluto inviare un segnale simbolico e profondo: un pensiero, tre libri e una promessa. «Non ti aspettiamo per un’altra noiosa riunione» scrivono, «ma perché non vediamo l’ora di riabbracciarti». Un gesto che racchiude lo spirito di una comunità che non si limita alla ricerca, ma sa essere anche umana, presente, solidale.
Intanto D’Angelo resta detenuto nel carcere di Fier, dopo essere rimasto coinvolto in un incidente stradale avvenuto l’8 agosto nei pressi di “Qafa e Kosovicës”, in cui ha perso la vita un giovane del posto. Secondo le prime ricostruzioni, la Mercedes della vittima procedeva ad alta velocità, ha perso aderenza, si è ribaltata ed è stata avvolta dalle fiamme. D’Angelo viaggiava su una Lancia Ypsilon con la compagna, la ricercatrice Vanessa Castelli, diretto a un matrimonio a poca distanza dal luogo dell’impatto. Dopo l’incidente, la coppia ha atteso a lungo l’arrivo delle autorità e, non vedendo nessuno, si è recata autonomamente al commissariato, chiuso a quell’ora. Il mattino seguente si sono presentati di nuovo per fornire la propria testimonianza.
La Procura di Fier non contesta l’omissione di soccorso, ma ipotizza la violazione delle norme sulla circolazione e l’abbandono del veicolo. Il docente, stimato in Italia e all’estero, si trova ora in condizioni difficili: isolamento, barriere linguistiche, precarietà psicologica. In un messaggio trasmesso tramite la moglie, ha scritto: «Non posso nascondere quanto la custodia cautelare in carcere sia eccessiva. Mi trovo lontano da casa, in un Paese la cui lingua non conosco». La compagna conferma: «Ha continui crolli psicologici, vive una situazione durissima». Nel frattempo, studenti e ricercatori denunciano il peso della sua assenza nella vita dei laboratori e nei progetti in corso.
«Senza il suo supporto» affermano i suoi studenti, «il nostro futuro da giovani ricercatori appare più fragile e incerto. Il dottorato non è solo un titolo, ma un percorso carico di precarietà e sacrifici. In questo contesto, avere accanto figure autorevoli e disponibili è essenziale per la nostra formazione e per la nostra tenuta psicologica». L’Università dell’Aquila si è mobilitata avviando una raccolta fondi per sostenere le spese legali e i viaggi della famiglia, mentre colleghi e studenti attendono notizie con crescente preoccupazione. «Ci auguriamo con tutto il cuore che questo periodo buio possa concludersi al più presto. Siamo qui, in attesa di riabbracciarlo, di rivederlo tra noi, nel suo lavoro che tanto ama» concludono i dottorandi.
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