Ex Otefal, gruppi stranieri interessati all’acquisto

Una cordata spagnola e un’azienda indiana: il 9 agosto apertura delle buste Ciuca (Uil): speriamo si tratti di offerte concrete, ci sono 172 operai in mobilità

L’AQUILA. Potrebbe finire nuovamente in mani straniere l’ex Otefal di Bazzano, dopo la parentesi dei siriani della Madar.

L’8 agosto si terrà la terza asta per la vendita dello stabilimento e ci sarebbero almeno due manifestazioni d’interesse, una proveniente da una cordata spagnola e l’altra da un gruppo indiano. Tra i 172 lavoratori, che dal 30 giugno sono in mobilità, c’è grande attesa: le buste con le offerte saranno aperte il 9 agosto e chi si aggiudicherà il sito, passato per la procedura concorsuale, dovrà chiarire se intende ricollocare anche il personale. Le prime due aste, come prevedibile, sono andate deserte. «Sappiamo che ci sono due aziende straniere interessate a rilevare la fabbrica. Quella spagnola», spiega Clara Ciuca della Uilm, «conosce già lo stabilimento, avendo partecipato allo start up con i siriani, è specializzata nella produzione di tapparelle e potrebbe operare nel reparto verniciatura. Gli altri dovrebbero essere indiani. La terza asta, che dovrebbe essere quella definitiva, è stata convocata dal curatore fallimentare Omero Martella per l’8 agosto, con l’apertura della buste prevista il giorno dopo. Speriamo che si tratti di offerte concrete, perché in ballo ci sono ben 172 posti di lavoro e finora intorno a questa vertenza abbiamo registrato un silenzio assordante da parte delle istituzioni. La produzione di alluminio è un settore il cui mercato è ancora solido e nel sito di Bazzano ci sono figure professionali altamente specializzate e apparecchiature all’avanguardia. Purtroppo la Madar, che si era presentata come un’azienda seria e decisa a rilanciarlo stabilimento», conclude Ciuca, «ha gettato la spugna dopo solo un anno».

Per i 172 lavoratori, dopo sei mesi di cassa integrazione scaduti a giugno, è scattata la procedura di mobilità: senza un acquirente e un piano industriale, i licenziamenti saranno il prossimo passo.

I siriani della Madar sono arrivati all’Aquila a gennaio del 2013 con grandi progetti, hanno affittato il sito e riassorbito tutto il personale, con l’obiettivo di acquisirlo in via definitiva e arrivare a produrre 24mila tonnellate di alluminio all’anno. Ma dopo soli 12 mesi, ecco i primi problemi, che hanno allarmato i lavoratori: stipendi pagati a rate, a causa della mancanza di liquidità, l’annuncio di 47 esuberi e quindi il ricorso alla cassa integrazione a rotazione, poi trasformata in cassa integrazione straordinaria.

Nel frattempo, il sito è stato smantellato e le prime due aste per la vendita sono andate deserte. I guai per l’ex Otefal sono iniziati nel 2008: la fabbrica allora contava 230 unità ed era di proprietà della famiglia bergamasca Pozzoli.

Un investimento sbagliato in Sardegna, il crollo del prezzo delle materie prime, la stretta creditizia e infine il terremoto del 2009 hanno decretato la fine dell’attività produttiva. A luglio del 2010 il tribunale dell’Aquila ha approvato il ricorso al concordato preventivo.

Alla gara d’affitto hanno risposto i siriani, intenzionati ad investire in Italia a causa del conflitto bellico che stava dilaniando il loro Paese.

Pare che adesso si siano trasferiti in Nordafrica. Falliti i tentativi per far restare la proprietà nel capoluogo di regione nonostante le convincenti sollecitazioni di politici e sindacalisti.

Romana Scopano

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