«Facevo l’imprenditore, finii a dormire in auto»: la testimonianza del 63enne Roberto

Il montesilvanese è tra gli ospiti dell’edificio di via Costa dove si trovano alloggi condivisi: ci vivono 4 donne e 12 uomini. L’obiettivo: ritrovare l’autonomia
MONTESILVANO. Da imprenditore di successo con una casa di proprietà, ad assistente sui pulmini della scuola e un alloggio condiviso con altri 6 uomini in difficoltà. È la storia di Roberto (nome di fantasia), montesilvanese di 63 anni che ha conosciuto la disperazione di finire sul lastrico e la solitudine, con amici e i parenti che gli hanno voltato le spalle nel momento del bisogno, ma anche il coraggio di ricominciare. Separato, due figlie ormai adulte, Roberto è una delle 16 persone che vivono nei tre alloggi condivisi promossi dal Comune di Montesilvano e gestiti dall’Azienda Speciale. Quattro donne e 12 uomini, tutti montesilvanesi, tra 18 e 66 anni, che per i motivi più disparati si sono trovati in un momento di fragilità e sono stati presi in carico dall’ente strumentale che si occupa dei servizi sociali.
Tutti loro oggi vivono in una delle tre strutture, sostenuti dal supporto di assistenti sociali, educatori e psicologi che li accompagnano in questo percorso di ritorno all’indipendenza. Gli alloggi condivisi, dove gli ospiti possono soggiornare per un anno al massimo, sono pensati proprio per consentire agli utenti di riprendere in mano la propria vita. Tra loro c’è Roberto, che ha scelto di raccontare al Centro la sua storia e che confessa: «Ho raggiunto il punto più basso, ma finalmente sto risalendo e il mio futuro, anche se ancora sfocato, oggi riesco a vederlo». Un lavoro come imprenditore nel settore informatico, una vita serena, un appartamento di famiglia appena ristrutturato.
A Roberto non mancava niente per essere sereno, nonostante la separazione, perché era riuscito a mantenere un buon rapporto con la ex moglie e le due figlie. «Poi nel 2009 sono iniziati i problemi», racconta. «Un paio di grandi clienti non mi hanno pagato, io avevo un affido bancario, e da lì è iniziato il declino economico fatto di protesti, di debiti, fino a quando la mia abitazione, sulla quale avevo investito 80mila euro qualche anno prima, è finita all’asta». È il 2015 e per Roberto arriva il momento più difficile.
«Ho dovuto lasciare casa, con il dolore di perdere un bene di famiglia e gli sguardi dei vicini che sapevano. Sono subentrate vergogna e depressione». Roberto si ritrova fuori casa, costretto a dormire per strada. «Per un paio di settimane ho dormito in macchina, qualche notte l’ho trascorsa sotto la pineta, andavo a mangiare alla Caritas. Poi ho dormito nel negozio di un mio amico per il quale ho lavorato, e anche in un frantoio, sempre dove ho lavorato. Faceva freddo d’inverno e caldo d’estate, ma non stavo così male».
La prima rinascita sembra arrivare quando Roberto inizia una nuova relazione e va a vivere a casa della compagna. «Ma quando hai pensieri troppo grandi non è facile vivere serenamente una vita di coppia». E così, senza entrate fisse e senza casa, Roberto tenta la strada di un monolocale in affitto, contando solo su qualche lavoretto saltuario e su piccoli aiuti dell’ex moglie e della figlia. Poi l’incontro con l’Azienda Speciale durante il Covid, e il primo tirocinio all’hub vaccinale del Pala Dean Martin, a cui ne è seguito un secondo, sempre per il Comune, fino all’incarico da assistente sui pulmini che svolge tuttora.
Da maggio, poi, è ospite dell’alloggio condiviso di via Costa, camera doppia e ambienti comuni condivisi con altri 6 inquilini. «Mi trovo bene, vado d’accordo con gli altri, ogni tanto qualche piccolo dissapore perché sono fissato con la pulizia. A volte guardiamo la partita insieme sul mio tablet, o la tv messa a disposizione da un altro inquilino». Il sogno, i trovare un lavoro stabile, prendere in affitto una casa e tornare ad essere autonomo.
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