Famiglia nel bosco, le toghe del Csm con Angrisano: «Va protetta, attacchi scomposti»

Prefettura e questura dell’Aquila valutano azioni di vigilanza per la presidente del tribunale. Un’ondata di rabbia social innescata dalla decisione di sospendere la responsabilità genitoriale di Nathan Trevallion e Catherine Birmingham e di portare i loro tre figli in una casa famiglia
L’AQUILA. Si valutano azioni di vigilanza, da parte della prefettura e della questura dell’Aquila, a tutela della presidente del Tribunale per i minorenni Cecilia Angrisano, finita al centro di una insensata campagna d’odio che va ben oltre il diritto alla critica. Un’ondata di rabbia social innescata dalla decisione di sospendere la responsabilità genitoriale di Nathan Trevallion e Catherine Birmingham e di portare i loro tre figli in una casa famiglia. A incidere sulla decisione (imminente) potrebbe essere anche la richiesta di apertura di una pratica a tutela dei magistrati aquilani. Richiesta avanzata da 22 componenti del comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura. Tutto questo mentre il ministero della Giustizia ha avviato accertamenti sul provvedimento dei giudici aquilani, così come sollecitato giorni fa dal ministro Carlo Nordio. A conferma che il caso mediatico si tramuta sempre di più in caso politico.
OFFESE E MINACCE
«Il tribunale dei minori è una fossa piena di vermi». Uno dei commenti più “soft”. Sotto i titoli che accompagnano la notizia della coppia anglo-australiana che vive a Palmoli è un concentrato di violenza. Con offese irripetibili e spesso accompagnate dalla foto della magistrata, fino a richieste più specifiche, come indirizzo, numero di telefono e mail della giudice. Da qui la richiesta di apertura di una pratica a tutela dei magistrati del tribunale per i minorenni dell’Aquila. Appello sottoscritto dai consiglieri togati di Palazzo Bachelet – Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Marco Bisogni, Ernesto Carbone, Maurizio Carbone, Genantonio Chiarelli, Edoardo Cilenti, Antonello Cosentino, Roberto D’Auria, Paola Dovidio, Roberto Fontana, Michele Forziati, Antonino Laganà, Maria Vittoria Marchianò, Maria Luisa Mazzola, Domenica Miele, Andrea Mirenda, Tullio Morello, Michele Papa, Eligio Paolini, Roberto Romboli, Dario Scaletta – con l’eccezione di Bernadette Nicotra di Magistratura Indipendente.
«TUTELARE ANGRISANO»
I 22 consiglieri del Comitato di presidenza del Csm chiedono «l’apertura di una pratica a tutela dei magistrati del Tribunale per i minorenni dell’Aquila in relazione alle dichiarazioni pubbliche rese da esponenti politici sul provvedimento con cui è stato disposto l’allontanamento di tre minori dal contesto familiare e il loro collocamento in struttura protetta». E rimarcano che «il provvedimento è di natura provvisoria», assunto nell’ambito di un procedimento nato su impulso della Procura minorile, «dopo il ricovero dei minori, e all’esito di un’istruttoria durata 13 mesi fondata su relazioni dei servizi sociali e delle forze dell’ordine, su accertamenti tecnici relativi alle condizioni abitative, sulle informazioni sanitarie e sulle complessive condizioni di vita e di relazione dei minori interessati e solo dopo aver reiteratamente cercato di instaurare con i genitori un percorso di socializzazione e sanitario». Provvedimento che «rientra nell’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge alla giustizia minorile tipiche attribuzioni dell’autorità giudiziaria minorile e persegue esclusivamente finalità di protezione dei bambini coinvolti». Quindi l’affondo: «A fronte di ciò, alcune dichiarazioni pubbliche hanno definito la decisione come un “sequestro” di minori (copyrightMatteo Salvini, ndr), l’hanno qualificata con espressioni fortemente denigratorie e hanno annunciato iniziative ispettive e interlocuzioni dirette con i giudici investiti del procedimento. Tali affermazioni provenienti anche da rappresentanti di pubbliche istituzioni trascendono la legittima critica a un atto giudiziario e finiscono per colpire direttamente l’operato dei magistrati del Tribunale per i minorenni, esponendoli a una indebita pressione anche mediatica. In particolare, da alcune dichiarazioni appare del tutto ignorata la natura delle decisioni di protezione dei minori, che spesso incidono in modo doloroso sulla vita delle famiglie e sono gravose anche per i magistrati chiamati ad assumerle. La giurisdizione, soprattutto in ambito minorile, opera in un quadro di legge complesso, sulla base di atti e di elementi tecnici, componendo interessi tutti meritevoli di rispetto: la libertà delle scelte educative dei genitori, il diritto dei bambini alla sicurezza, alla salute, alla socialità e alla riservatezza. La semplificazione di tale complessità in formule polemiche, che presentano l’intervento giudiziario come un sequestro o una violenza di Stato, finisce per minare la fiducia nella magistratura ed esonda in un’inaccettabile delegittimazione personale dei giudici titolari del procedimento – che hanno poi un immediato riflesso in gravi e scomposti attacchi attraverso i social, circostanza ormai quasi ricorrente. Preoccupa, inoltre, che questa vicenda venga evocata in connessione con la prossima consultazione referendaria in materia di giustizia, che nulla ha a che fare con il caso in esame» concludono i 22 componenti del Comitato di presidenza del Csm «dovrebbe essere interesse di tutti – istituzioni politiche e istituzioni di garanzia – che il confronto sui referendum si sviluppi sul terreno delle opzioni normative e delle ragioni di merito, senza piegare a fini di propaganda casi concreti che riguardano minori e che sono ancora oggetto di valutazione giudiziaria». Quindi la richiesta: «Aprire una pratica a tutela dei magistrati del tribunale per i minorenni dell’Aquila, valutando le dichiarazioni sopra richiamate e adottando le iniziative ritenute opportune per riaffermare il rispetto dovuto alla funzione giurisdizionale, alla complessità del giudizio minorile e alla delicatezza delle posizioni in gioco».
LA VERIFICA
Sarà un controllo su ordinanze, relazioni e referti. «Un’analisi attenta e puntuale» dicono dagli uffici di via Arenula a Roma, sede del ministero della Giustizia, «per fare luce sull’operato dei giudici nella vicenda della famiglia del bosco». A quasi una settimana dall’ordinanza che ha disposto la sospensione della patria potestà, e il conseguente allontanamento dei figli in una casa famiglia, il ministero ha avviato gli accertamenti che porteranno, si presume a breve, a una decisione dello stesso Carlo Nordio su questa vicenda. L’autorità giudiziaria dell’Aquila ha inviato infatti al ministero della Giustizia la documentazione riguardante il caso. Una mossa che arriva dopo la richiesta di Nordio e una telefonata intercorsa nei giorni scorsi tra il Guardasigilli e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha sollecitato «un intervento immediato» manifestando «grande preoccupazione per quanto sta accadendo» e chiedendo di essere aggiornata «passo dopo passo» sull’iter giudiziario, dopo essersi detta «colpita» dalla storia. Da Palazzo Chigi era trapelato che Meloni considera «prioritario garantire che i diritti dei minori siano tutelati senza zone d’ombra», mentre dal ministero della Giustizia si ribadisce che la relazione richiesta alla procura generale «è un passaggio preliminare necessario» che verrà valutato «con rigore, trasparenza e pieno rispetto delle funzioni della magistratura».

