Fra’ Emiliano: “Il prossimo Papa sarà Francesco II e continuerà la sua opera”

Parla il religioso abruzzese che gli è stato vicino: «Ha smaschilizzato la chiesa e ne ha cambiato la geopolitica, questa è la sua eredità»
AVEZZANO. Padre Emiliano Antenucci ha 46 anni. Diffondere l’importanza del silenzio come forma di preghiera e dialogo interiore è diventata la sua missione ormai quasi 20 anni fa. Come si può intuire, nel percorso ha trovato un prezioso alleato in Francesco, al punto che il pontefice ha scritto la prefazione del suo ultimo libro “Non sparlare degli altri!”. Tra i due è nato un vero rapporto d’amicizia. Dal 2020 padre Emiliano diffonde il suo messaggio da Santuario della Madonna del Silenzio di Avezzano, istituito proprio su volontà di Francesco. La notizia del giorno è che la sua attività sociale e spirituale ha ottenuto un importante riconoscimento: il Premio Simpatia di Roma. Prima di lui, a vincerlo sono stati personaggi come Nilde Jotti, Sandro Pertini e Madre Teresa di Calcutta.
Cosa si ricorda meglio di papa Francesco?
«I suoi occhi, che erano pieni di luce, ma soprattutto il suo abbraccio. La prima volta che mi ha abbracciato è come se me lo avesse stampato sul corpo. Mi sono sentito guardato, amato e abbracciato dal papa. Me lo porterò a vita».
E come ha vissuto il suo lutto?
«Nella fede della resurrezione. Mi ha riempito di speranza e di voglia fare. Ma il Papa ha lasciato una grandissima eredità a tutta l’umanità, non solo a chi l’ha conosciuto personalmente».
Vi sentivate spesso?
«Gli scrivevo ogni due settimane, tenendolo sempre informato sulle nostre attività. Avevamo una corrispondenza personale privata, ma che non rivelerò qui».
È mai venuto al Santuario della Madonna del Silenzio?
«Voleva, purtroppo si è ammalato. Ma chiedeva sempre come andassero le cose: è stato lui a volere che fosse istituito il santuario. Sa, c’è un aspetto di Francesco che i giornali non raccontano».
La ascolto.
«Francesco era un gesuita. Si alzava alle 4 di mattina per pregare: amava il silenzio. Pensi che quando era arcivescovo di Buenos Aires scrisse alla diocesi una lettera su questo. In un mondo “fast”, dove tutti corrono, questa icona ci dice fermati. Francesco diceva che il chiacchiericcio è un atto terroristico. E il santuario serve a questo: al disarmo delle parole».
Quando ha scoperto la sua vocazione?
«A 14 anni, grazie a due film: “Fratello sole, sorella luna” e “Mission”. Mi hanno cambiato la mia vita. Ho venduto tutto, ho comprato una bibbia e dato i soldi ai poveri».
Anche lei, come Jeremy Irons, era pronto a partire per il Sud America?
«Avrei dovuto. Nel 2009 ero pronto a partire per l’Amazzonia come missionario, ma il terremoto dell’Aquila ha cambiato tutto. Si ricordi quella battuta di un film di Woody Allen: “Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi progetti”...».
Quindi ha deciso di rimanere.
«Ho sentito che dovevo. Ho passato diversi mesi a Onna. Nel frattempo è andato avanti il percorso della spiritualità del silenzio che, poi, negli ultimi anni, ha trovato l’aiuto di un “promoter” d’eccezione: Francesco».
Come è nato il vostro rapporto?
«Venne a sapere della spiritualità del Silenzio grazie a un suo collaboratore, che gli consegnò l’icona della nostra Vergine. Ne rimase colpito, al punto di farla appendere fra i due ascensori all’entrata del Palazzo apostolico».
E poi?
«Nel 2016 mi ha nominato missionario della misericordia e l’ho incontrato personalmente. Dopo l’udienza, ha benedetto l’originale della Vergine del Silenzio, autografandola con la scritta dietro l’icona: “Non sparlare degli altri!”...».
In effetti, Francesco ha affrontato spesso il problema del chiacchiericcio.
«Una volta disse che il chiacchiericcio era un atto terroristico. Gliel’ho detto: anche lui amava il silenzio. È qualcosa, secondo me, legato anche a un aspetto della sua personalità».
Ce lo racconti.
«Era estroverso, ma anche introverso. Sapeva ascoltare, fermarsi, chiudere gli occhi. Aveva un modo di parlare da persona profonda. Amava il silenzio nella preghiera e nella scrittura interiore».
Quali altri aspetti della personalità di Francesco l’hanno colpita?
«L’empatia, l’umiltà, la capacità di leggerti dentro. Ricordo il suo affetto, che mi chiedeva sempre “come stai”, di salutargli mia mamma. Dimostrava veramente che ti voleva bene. E poi aveva una memoria fotografica prodigiosa».
C’è un consiglio che le è stato particolarmente utile?
«Lui mi ha sempre ricordato di perdonare tutto e tutti, di essere misericordioso. Francesco era così, parlava con un capo di Stato e con un povero allo stesso modo. E poi era ironico, una volta mi ha spiazzato con il suo saluto e solo un paio di giorni fa ho capito cosa intendesse».
La ascolto.
«Una volta in piazza San Pietro mi guarda e mi fa: “Ecco l’enfant terrible”. Io non capivo, pensavo di aver fatto qualcosa. Ho fatto ricerche sulla letteratura francese e non trovavo risposta. Poi mi sono imbattuto in un articolo in Rete che raccontava che Francesco chiamava così anche Don Mattia Ferrari, il prete impegnato con i migranti. Là ho capito che intendeva dirmi che ero, come don Mattia, il bambino vivace. Gli scrivevo sempre per aggiornarlo sulle nostre attività senza mediazioni. Il suo era un modo ironico per dirmi “ti voglio bene”!».
E al di là delle considerazioni legate al vostro rapporto, che papa è stato?
«Straordinario. Un grande uomo, un grande papa e un grande profeta. Come tutti i profeti, all’inizio non vengono compresi, ma adesso capiremo ancora di più sia il suo magistero pubblico, fatto di discorsi ed encicliche, che quello nascosto, intessuto delle tante persone che ha aiutato».
È stato un papa politico?
«È stato il papa della gente e del popolo. Purtroppo è stato strumentalizzato, sia da vivo che da morto. Lui ha solamente seguito il vangelo e la dottrina sociale della chiesa, non era né di sinistra né di destra: era del Vangelo. Su alcuni temi non ha detto neanche niente di nuovo, quello che è cambiato veramente con lui è stata la percezione del papa, che da figura molto lontana è passato a essere un amico».
Una previsione sul nuovo pontefice?
«Non voglio fare previsioni, perché la Chiesa non è un parlamento ma una realtà divina e umana. Ci penserà lo spirito santo. Certamente sarà un papa che seguirà tutti i cantieri che il Francesco ha iniziato e ha lasciato aperti. La sua grande eredità».
Quali sono queste opere incompiute?
«Per esempio la misericordia, il silenzio, l'apertura alle donne nel Vaticano, specialmente riguardo i ruoli decisivi. Ha smaschilizzato la chiesa e ne ha cambiato anche la geopolitica, basta guardare i componenti del conclave, che ora provengono da tutto il mondo. Questa è la sua eredità, di cui dobbiamo avere tutti cura».
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