Grandi appalti, Abruzzo penalizzato

Il presidente di Api Edil: le piccole imprese escluse dalla ricostruzione

L’AQUILA. «Le imprese abruzzesi sono state tagliate fuori dal progetto Case e dalla ricostruzione dell’Aquila e degli altri centri colpiti dal sisma». Ad affermarlo è Dino Gavioli, presidente dell’Api Edil Abruzzo, associazione che conta circa 400 piccole e medie imprese edili.

Presidente, lei ha denunciato l’esclusione delle imprese abruzzesi da tutto ciò che riguarda gli interventi post terremoto. Cos’è accaduto?
«Le nostre imprese non hanno avuto alcun ruolo. E questo perché il progetto Case ha previsto lotti esageratamente grandi, tanto da impedire alle nostre ditte di poter partecipare ai bandi, pubblicati - tra l’altro - in ritardo. Tutti fuori, salvo qualche eccezione, e il risultato non sembra poi così positivo visto che la consegna delle case non è ancora ultimata. Con lotti più piccoli avremmo potuto lavorare anche noi. E avremmo potuto farlo bene, considerato che le nostre pochissime ditte impegnate negli appalti di Map e Musp hanno finito prima del previsto i lavori incassando, per questo, il plauso della Protezione civile».

La sua associazione ha criticato le modalità di affidamento degli appalti per i puntellamenti nella zona rossa dell’Aquila. Perché?
«A giugno è stato siglato un protocollo d’intesa (tra Comune, Prefettura, Soprintendenza e le associazioni provinciali Ance e Apindustria) che prevedeva - sul fronte dei puntellamenti - di far lavorare in via prioritaria gli aquilani. Il risultato di tale accordo, di cui eravamo all’oscuro, è stato che all’elenco delle imprese aquilane (poche per fronteggiare la situazione) sono andate ad aggiungersi ditte di fuori che, attraverso l’apertura di sedi e l’iscrizione alle associazioni di categoria, hanno acquisito il diritto a lavorare. Il Comune ha poi assegnato gli incarichi senza neanche controllare le certificazioni».

Vuol dire che le ditte che stanno operando non hanno i requisiti per poter fare i puntellamenti?
«A noi risulta la presenza di imprese non abilitate a svolgere tali interventi, tra l’altro smisurati. È una cattiveria imperdonabile l’aver lasciato fuori le nostre imprese che vantano tutte una notevole esperienza. Il danno è collettivo, è l’intero Abruzzo che pagherà tutto questo».

Temete rischi di emarginazione anche sulla ricostruzione?
«La normativa è poco chiara. Si sta cercando di scaricare sugli ordini professionali e sulle imprese le responsabilità dei ritardi. La realtà è che si sta lavorando al rallentatore perché le pratiche inviate a Fintecna, Reluis e Cineas non tornano approvate. Anzi, a volte le contestazioni arrivano dopo il 60esimo giorno dalla presentazione delle pratiche. Una cosa non propriamente legale. Qualcuno parla di fughe da parte delle imprese locali. Ma le ditte non scappano, hanno bisogno di lavorare e vogliono farlo con le carte in regola».

Come valutate l’idea dei consorzi per la ricostruzione dei centri storici?
«È un fatto molto positivo. È giusto che siano i proprietari a dare incarichi fiduciari a professionisti e imprese. Per le case E, comunque, si naviga ancora a vista».

Recentemente, insieme alla Cna, avete messo a punto le linee guida per la stesura di una legge regionale sulla ricostruzione post sisma. Cosa volete dalla Regione?
«Siamo contrari alla creazione di grandi comparti e all’utilizzo di general contractor, perché ciò si è sempre tradotto in un passaggio in più che ha prodotto effetti negativi sui tempi di consegna e sulla qualità dell’intervento. Regione e autorità locali devono riappropriarsi della ricostruzione raccogliendo le regole in una legge condivisa con gli operatori del settore. E vogliamo far parte della struttura tecnica di missione, per non restare spettatori inermi della partita».