Grandi Rischi, l'accusa di chi si salvò

I testimoni: «Convinti dagli esperti che non sarebbe successo nulla»

L'AQUILA. Testimonianze intrise di comprensibile rabbia e rancore, ma lucide e determinate, hanno caratterizzato l'udienza fiume del processo ai sette componenti della Commissione Grandi Rischi. Ancora una volta sono sfilati davanti al giudice del tribunale, Marco Billi i familiari delle vittime del sisma che hanno raccontato le loro drammatiche esperienze. Tutte le deposizioni dei superstiti concordano su un punto: le rassicurazioni dopo la riunione del 31 marzo 2009 furono decisive a indurre i loro familiari a restare a casa il 6 aprile piuttosto che cercare scampo altrove.

«La Commissione Grandi Rischi ha fatto il proprio lavoro mandandoci su una strada micidiale». E' uno dei passaggi salienti della testimonianza di Pier Paolo Visione, parente di tre vittime: la sorella Daniela e i due piccoli nipoti. «La commissione Grandi Rischi ha fatto una previsione su quanto avvenuto e ha nascosto dati e studi sul territorio aquilano che ci avrebbero salvato», ha continuato Visione, «se li avessimo conosciuti, molti, con casa sulla costa, in quei giorni avrebbero preso la fuga. Le istituzioni avevano anestetizzato la città. Infatti dagli enti non filtrava alcuna notizia su quale comportamento sarebbe stato giusto adottare».

La deposizione di Visione ha avuto passaggi veementi. Il testimone ha sottolineato il diverso comportamento degli aquilani in occasione di scosse precedenti. «Negli anni settanta» ha detto «ricordo che uscimmo con il pigiama e dormimmo fuori dopo una scossa. Non solo quello, noi aquilani eravamo abituati ad avere un certo comportamento, come quando ci fu uno sciame e i professori ci fecero uscire dalla scuola media, che fu chiusa per due giorni. La città reagiva in un certo modo».

«Nei giorni precedenti alla riunione della Commissione» ha sottolineato «mia sorella si era attivata per costruire una casetta di legno a Prata d'Ansidonia. C'era qualcosa che non le quadrava. Lei mi disse: «Se lo dice la Commissione Grandi rischi, dobbiamo stare tranquilli». «Siamo una famiglia di funzionari pubblici, per noi l'istituzione aveva detto qualcosa poi non smentita. Lei aveva visto quel messaggio dirompente e che io definisco assassino: non c'è allarme, non c'è pericolo. Questo era quello che diceva lo Stato italiano». L'arrivo della Commissione Grandi Rischi fu «un fulmine a ciel sereno» ha aggiunto «arrivarono i professionisti che dovevano salvare o almeno dare indicazioni a noi poveri provinciali».

Stessi toni da parte di Claudia Conti, fidanzata del giovane Alessio Di Pasquale, lo studente di ingegneria marsicano morto nel crollo dell'edificio di via Campo di Fossa. «Io e Alessio» ha detto «parlammo e ci dicemmo che gli esperti avevano detto che non sarebbe successo niente, era giusto credere a loro perché sapevano di cosa parlavano». Oltre alla fidanzata, anche il padre e il compagno di stanza del giovane sono stati ascoltati e tutti hanno sottolineato un atteggiamento cambiato dopo i messaggi rassicuranti. «Anche egli aveva appreso dai giornali di questa riunione», ha continuato la giovane, «la mattina dopo abbiamo saputo gli esiti, io non stavo tranquilla perché avevo paura, lui mi disse che più c'erano le scosse più l'energia diminuiva». Secondo la Conti, «l'atteggiamento di Alessio era cambiato. Dopo il 31 quando arrivava la scossa mentre mangiava, restava seduto. Alessio stava tranquillissimo dopo il 31, prima invece aveva paura e nei giorni precedenti lui scappava di casa».

A chiudere un'udienza le testimonianze dei genitori di Alessio Di Simone, originario di Penne. La mamma ha ricordato di aver invitato insistentemente il figlio a tornare a casa. «Non disfare il trolley, non ti fermare» ha ricordato «gli dissi dopo che era caduto un quadro. Non sono una sensitiva ma ho la sensibilità delle mamme, quello non era stato un buon presagio e mi aveva lasciato più timorosa del solito». Alessio fu irremovibile: «Mamma», disse, «si è riunita una commissione di scienziati e ci hanno detto di stare tranquilli perché queste scosse sono di basso rilievo non credo ai presagi».

Drammatiche, e comunque in linea con le altre deposizioni, anche le precedenti testimonianze di Ortesia Tomei oppure dei fratelli Carlo Tassoni ed Enrico Tassoni che per il sisma persero la madre e quella di Corrado Giallonardo il quale ha raccontato che in occasione del terremoto del 3 dicembre del 1967 la sua famiglia di origine uscì di casa ma il 6 aprile 2009 i genitori fecero un'altra scelta rimettendoci la vita.

L'udienza si era aperta con la proiezione di un breve spezzone del film «Draquila» di Sabina Guzzanti. Da un computer sono stati visti due minuti e 17 secondi di intervista della regista a Enzo Boschi, uno degli imputati. Sotto accusa per omicidio colposo plurimo, ci sono Enzo Boschi, Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva, e Mauro Dolce. Dolce e De Bernardinis erano in aula. Il giudice Billi ha fissato un fitto calendario fino a tutto il prossimo anno: la prossima udienza ci sarà sabato 29 ottobre, poi il 9 novembre.

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