Grandi rischi, processo chiave

Vittorini: svolta sulla prevenzione con l'udienza

L'AQUILA. «Il processo del 20 settembre dovrà rappresentare un momento di svolta nell'ambito della prevenzione sismica». È l'auspicio di Vincenzo Vittorini, presidente dell'associazione «309 martiri», all'indomani del rinvio a giudizio dei sette imputati della commissione Grandi Rischi.

La notizia del processo è destinata a creare un caso. Probabile una dura presa di posizione della comunità scientifica internazionale. Intanto, da parte dei familiari delle vittime cresce la consapevolezza che il processo porti a un'attenzione maggiore verso la comunicazione di rischi e pericoli legati al sisma. A giudizio andranno Franco Barberi, presidente vicario della Commissione, Bernardo De Bernardinis, già vice capo della Protezione civile, Enzo Boschi, presidente dell'Ingv, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre, Claudio Eva, ordinario di fisica all'Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile. «Questo non è un processo alla scienza», chiarisce Vincenzo Vittorini, che la notte del 6 aprile 2009 ha perso moglie e figlia nel crollo della propria abitazione. «Nessuno voleva sapere l'ora esatta del terremoto. Volevamo solo essere avvisati di vivere su una "bomba" ad orologeria».

Dottor Vittorini, il rischio è che prima di accertare eventuali responsabilità della commissioni si debba attraversare una fase dibattimentale lunga ed estenuante. Quali sono, a suo avviso, i possibili scenari?
«L'aspetto principale per noi è che il processo costringerà a un'analisi nel dettaglio dei giorni e delle ore che hanno preceduto la scossa del 6 aprile. Si cercherà di capire se, in virtù di un messaggio diverso da parte della commissione Grandi Rischi, la città si sarebbe comportata diversamente. Un lavoro che non è fine a se stesso, ma può segnare un cambio di mentalità nella gestione dei terremoti, portando a un'attenzione maggiore verso le attività di prevenzione».

Le sue valutazioni sul lavoro della commissione sono state forti, al punto da spingerla a chiedere le dimissioni in blocco di tutti i membri. È forse il risentimento nei loro confronti ad animare questa richiesta?
«Nella maniera più assoluta no. Nei confronti dei singoli membri non provo rancore. Andare in giro con la clava non serve a nulla. Ho solo espresso l'auspicio che le persone coinvolte facciano un passo indietro - lasciando almeno l'incarico in commissione - e affrontino il processo da semplici cittadini. Del resto, la Grandi Rischi, che rappresenta un importante apparato statale, in quel momento non ha funzionato».

Cosa non ha funzionato due anni fa?
«La questione è stata liquidata con un vertice di soli 35 minuti perché - ci è stato detto - che non c'era tempo per fare diversamente. Ma questo cosa vuol dire? La commissione doveva restare insediata in città tutto il tempo necessario con un lavoro di valutazioni analogo a quello condotto sull'Etna in Sicilia, ad esempio. Lo scorso dicembre, per esaminare tutta la documentazione relativa agli allarmi di quei giorni abbiamo avuto bisogno di una maratona di 24 ore (l'iniziativa Cahiers de doléances ndr) qui abbiamo visto quattro amici al bar. Ma le responsabilità non sono attribuibili alla commissione. Delle direttive sono state impartite agli enti locali. Gli atti dovranno chiarire chi ha fatto cosa».

Come familiari delle vittime puntate a risarcimenti?
«Ho già detto di lasciar perdere la clava, a me basterebbe che questi signori - qualora fossero accertate le loro responsabilità - si scusassero pubblicamente. In Giappone dopo lo tsunami l'atteggiamento dei leader è stato diverso. Preferirei, però, parlare a titolo personale. Dopo il sisma ci sono degli orfani e le iniziative per il loro sostentamento non sono mai abbastanza. Un risarcimento garantirebbe loro le risorse per andare avanti».

Domenica a Lucoli verrà inaugurato il Giardino della memoria
Ringrazio la comunità locale per questa bella iniziativa. Gli alberi piantati nel giardino rappresentano un messaggio per le nuove generazioni. Come Fondazione "6 aprile per la vita" ci auguriamo che vada in porto il progetto della fontana della memoria».

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