Gratta e vinci, biglietti truccati: condannati i coniugi tabaccai

Venti giorni di carcere e risarcimento di 8mila euro per la coppia: la conferma in Corte d’Appello Accusati di aver intascato le vincite. L’avvocato: «Niente prove, valutiamo il ricorso in Cassazione»
SULMONA. Erano finiti sotto processo perché, secondo l’accusa, tramite un espediente, riuscivano a verificare se tra i biglietti del Gratta e vinci in vendita nella loro tabaccheria vi fossero quelli da premiare. Vincite che intascavano, rimettendo in vendita gli altri tagliandi senza premi. Per due coniugi sulmonesi, Alessandro Santoro e Cristina Previtale, è arrivata anche la condanna da parte della Corte d’Appello dell’Aquila: venti giorni di arresto, risarcimento del danno alla parte civile per 8mila euro e il pagamento delle spese processuali. I giudici aquilani hanno confermato la sentenza di primo grado emessa a febbraio 2022 dal tribunale di Sulmona. I fatti risalgono al 2017 quando la coppia, secondo le accuse contestate nel capo d’imputazione, avrebbe “grattato” i biglietti quel tanto che bastava per metterli sotto al lettore ottico di Lottomatica che, abbinando la lettura al codice a barre del tagliando, ne rivelava l’eventuale vincita. Così quelli vincenti venivano incassati tutti da loro, in contanti per vincite inferiori a mille euro, e accreditate sul conto corrente per quelle superiori. A denunciare la “pratica” illecita della coppia fu il titolare di una tabaccheria concorrente che, dopo essere venuto in possesso di uno dei tagliandi incriminati, si rivolse alla Guardia di finanza facendo scattare i controlli. L’operazione delle fiamme gialle portò al sequestro di complessivi 178 biglietti Gratta e Vinci e delle apparecchiature informatiche, oltre a revocare ai due l’autorizzazione alla vendita dei tagliandi della Lottomatica. Nessuno, acquistando i biglietti, si era accorto delle leggere abrasioni sulla pellicola protettiva delle zone da grattare. Per la foga di scoprire un’eventuale vincita, gli ignari clienti non avevano notato la truffa, dando la colpa alla sfortuna e non sapendo che la dea bendata, stando all’accusa, veniva pilotata ad arte. I due esercenti, assistiti in giudizio dall’avvocato Alessandra Baldassarre, si sono difesi sostenendo che la Lottomatica avrebbe fornito loro biglietti che apparivano abrasi anche nella parte numerica, e che sono stati messi in vendita perché non se ne sarebbero accorti. Per l’accusa invece venivano proposti alla clientela solo i tagliandi non vincenti e incassati gli altri. «Ritengo che non ci siano prove per giungere alla condanna degli imputati», commenta il legale spiegando che dopo il sequestro del plico con i tagliandi non sarebbe emerso nulla di nuovo, «e neppure dai conti correnti degli imputati, da cui non è stata sequestrata alcuna somma». «A questo punto attendiamo le motivazioni della sentenza per proporre eventualmente ricorso in Cassazione», conclude l’avvocato.
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