Daniele Kihlgren (foto d'archivio)

SANTO STEFANO DI SESSANIO

I dolori di Kihlgren: ho fatto rinascere il borgo in Abruzzo, ma in tanti hanno approfittato di me

L'imprenditore italo-svedese fondatore dell'albergo diffuso racconta come è iniziata (con una storia d'amore) quella che lui preferisce chiamare "battaglia di civiltà"

PESCARA. "Ho fatto rinascere il borgo in Abruzzo, ma tanti hanno approfittato di me": sono le parole con le quali il fondatore dell'albergo diffuso a Santo Stefano di Sessanio, Daniele Kihlgren, 53 anni, narra la sua strada che l'ha portato a costituire quello che viene definito un modello d'impresa turistica e replicato a Matera. L'imprenditore italo-svedese lo racconta in un'intervista di Candida Morvillo sul Corriere.it all'uscita dell'autobiografia (la seconda) I Tormenti del giovane Kihlgren (Baldini+Castoldi): dall'infanzia, alla droga, alla malattia e quindi alla sua eperienza nel borgo aquilano.

Ad esempio, Kihlgren racconta che la prima volta che vide Santo Stefano di Sessanio fu quando il fratello morì e lui, fresco di laurea, prese la moto e comincio a vagare fino a quando rimase folgorato dal paese.

Ma in mezzo c'è anche una storia d'amore. "Ci ero arrivato", prosegue nell'intervista, "cercando una ragazza incrociata anni prima e che ora è la mia fidanzatina. Ieri, ha provato a staccarmi un bulbo oculare con un cellulare, ma questa è un’altra storia. Nel primo incontro, per strada, bellina bellina, guardando il mio cane e non me, aveva detto “e tu chi sei?”. Insomma, anni dopo, a lutto, torno a cercarla, vedo Santo Stefano, con la sua torre medievale, le vecchie case incontaminate dalla modernità, e ci vedo subito “il mio progetto”".

A proposito dell'idea dell'albergo diffuso, Kihlgren dice che non gli piace chiamarlo così: "La mia è una battaglia di civiltà e deve avere un ritorno economico solo per farsi un modello. Da tempo, immaginavo di recuperare un borgo di “architettura minore”, privo di cemento. L’idea era un posto in cui vivere come 70 anni fa, con i mobili di allora, anche se scomodi, i tessuti fatti a telaio come una volta. C’erano aspettative e un modo in cui gli altri mi vedevano che mi stavano stretti".

"Abbiamo rischiato di fallire perché tanti hanno approfittato di me", aggiunge Kihlgren, "però, l’intelligenza emotiva resta integra anche se i neuroni sono andati. E, negli anni, ho trovato collaboratori fidati e un grande gruppo ci ha aiutato a titolo grazioso. Siamo cresciuti, ora progetto un resort in Ruanda. Ci vado da anni, per una Onlus di assistenza sanitaria, e sempre in sella alla mia vecchia moto".