I fuorisede bocciano la città

Tra gli studenti pendolari cala il gradimento dell’Ateneo del capoluogo: «Servizi carenti»

L’AQUILA. Sveglia presto per essere puntuali all’appuntamento alle 7,30 davanti all’aeroporto di Pescara, punto d’incontro per gli studenti universitari di Chieti e Lanciano diretti all’Aquila. La settimana è appena cominciata, riprendono le lezioni e i laboratori universitari e i ricevimenti dei professori per mettere a punto gli ultimi dettagli delle tesi di laurea da consegnare. Riprende il tran-tran universitario, almeno fino a venerdì. Non per Arturo, “l’autista” 26enne della corsa in ride sharing che al prezzo di sei euro trasporta altra gente con l’ormai diffusissima modalità di viaggio che permette a persone con la stessa destinazione di condividere l’automobile dividendo le spese, vera e propria manna dal cielo per gli studenti, squattrinati per antonomasia. A bordo quattro universitari (e un lavoratore). Arturo è l’unico che tornerà a Lanciano la sera stessa, giusto il tempo di parlare con un professore. Da anni ormai ha gettato la spugna, smettendo di aspettare che la vita torni “normale” nella città terremotata, che lui ha scelto nel 2008 per diventare ingegnere edile. Le altre tre giovanissime compagne di viaggio – Alice, Sara ed Ester – frequentano corsi di laurea diversi, ma tutti e quattro sono accomunati da un pensiero che si coglie al volo: «L’Aquila non è (ancora) un luogo da vivere». È invece una città con scarse occasioni di divertimento, poche iniziative pensate per gli studenti, cinema decentrato, servizi (primo tra tutti il trasporto pubblico) scadenti o quantomeno non all’altezza di una città espansa e disorganizzata. Adesso, poi, anche le tasse che si è tornati a pagare per volontà della rettrice Paola Inverardi, a detta degli studenti, saranno come una mannaia sulla testa di un sistema universitario fragile come il contesto sociale che lo ospita. E che «se si continua così, perderà studenti anno dopo anno».

MENO ISCRITTI. «Quando mi sono iscritto, sette anni fa», racconta Arturo con un pizzico di amarezza, «al test d’ingresso di Ingegneria edile me la sono dovuta vedere con 490 aspiranti ingegneri. Quest’anno erano 25 iscritti. In pratica sono più professori che studenti». Il motivo è sempre quello: il sisma che sei anni fa ha distrutto case e chiese, sfaldato il contesto sociale, dato un colpo basso al sistema istituzionale che si sta ricostruendo a fatica. «Prima L’Aquila era famosa come città universitaria e veniva scelta per questo», prosegue. «Adesso non lo è più e gli studenti nel post-sisma si sono iscritti finora soltanto perché le tasse non si pagavano e conveniva». L’impressione che emerge è che prima all’Aquila «si stava benissimo». Arturo racconta di «averci trovato le amicizie migliori, adesso mi è difficile anche trovare un contesto lavorativo, in questo caso quello ingegneristico, propenso a insegnare ai più giovani». Invece niente. E ora Arturo lavora a Lanciano. Per Sara (24 anni, di Pescara, all’ultimo anno di Neuropsicomotricità dell’età evolutiva), per Alice (21 anni, al secondo di Scienze ambientali) ed Ester (20enne studentessa dell’Accademia di Belle Arti), entrambe di Chieti, i tasti dolenti sono gli stessi: pochi autobus per muoversi, affitti alle stelle e poca propensione dei proprietari a «venire incontro alle esigenze dei fuorisede, con prezzi che per una singola a via Strinella sfiorano i 200 euro».

POCHI LABORATORI. E poi la scarsità di laboratori efficienti a disposizione dei corsisti. Alice insiste: «Spesso è difficile fare pratica, perché i laboratori sono aperti per poche ore e ci sono solo 7-8 microscopi a disposizione, che non bastano per tutti. Per non parlare, poi, delle lavagne che sono ancora quelle con il gesso...». Per Ester, un grande problema è stato sin da subito trovare una stanza in affitto con un giusto rapporto qualità-prezzo. «Ho passato i guai», dice, sottolineando che gli iscritti nel suo corso sono meno di una decina.

MOVIDA. Perde punti agli occhi degli studenti anche il giovedì universitario, il vecchio fiore all’occhiello dell’Aquila by night. «Provate a passare a Piazza Regina Margherita, via Castello, via Garibaldi e la prima parte del Corso: una latrina a cielo aperto, bottiglie ovunque, gente che vomita», raccontano. «Preferiamo riunirci in casa di qualcuno a parlare o a vedere un film o mangiare una pizza», spiegano quasi in coro i quattro studenti in ride sharing. «D’altra parte, dopo che hai fatto un giro lungo il Corso (ancora sempre buio) e che sei rimasto per lunghi minuti “infognato” a Piazza Regina Margherita, cos’altro puoi fare?». Domanda legittima e comprensibile, ma è la ricostruzione, bellezza.

«Due eventi davvero belli», riconosce Sara, «sono stati la “Notte dei ricercatori” del settembre scorso e la mega-festa universitaria “Univer city party” organizzata da Backstage univaq nell’aprile scorso nei locali di Fisica a Coppito: settemila studenti che hanno ballato e si sono divertiti fino all’alba. È la dimostrazione che, se si vuole, le cose belle si possono organizzare». In quell’occasione il consueto giovedì universitario si è trasferito in massa per una notte dal centro storico all’edificio di Coppito 1. Senza malori o incidenti, al centro della festa solo musica e divertimento.

Marianna Gianforte

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