I parenti delle vittime: rassicurazioni fatali

Prime testimonianze: "I nostri cari indotti a sottovalutare il rischio di un forte terremoto"

L'AQUILA. Le drammatiche testimonianze dei familiari delle vittime su come le rassicurazioni abbiano condizionato le scelte dei loro cari, inducendoli a sottovalutare il rischio sismico, hanno caratterizzato l'udienza di ieri nel processo ai sette componenti della commissione Grandi Rischi per omicidio colposo plurimo.

Il processo è entrato nel vivo e, dunque, dove non sono mancati spunti polemici tra parti civili e difesa a cominciare dal diverbio, poi sedato, tra l'avvocato Antonio Valentini (foto grande) e il collega Marcello Melandri a conferma di quanto sia alta la tensione. Ma veniamo ai racconti. Franca Giallonardo, nel sisma ha perso entrambi i genitori nel crollo di un edificio in via Campo di Fossa. «Stavano tranquilli» ha ricordato «perché abitavano in un palazzo di cemento armato ed erano stati rassicurati dai media. Quando parlava di rassicurazioni mio padre, che leggeva molto i giornali, si riferiva alla commissione Grandi rischi».

La parte civile Linda Giugno ha ricordato le ultime parole che ha sentito dal fratello, prima che la scossa delle 3.32 lo portasse via assieme alla moglie e alla figlia che costei aspettava. «Eravamo tutti tranquilli» ha dichiarato «compreso mio fratello. Se c'era qualcosa che non andava lui era in grado di saperlo prima di altri. Io non avevo sentito informazioni, ma lui le aveva apprese». Su domanda dell'avvocato di parte civile Maria Teresa Di Rocco, la Giugno ha specificato: «Mi disse che terremoti più forti sicuramente non ci sarebbero stati e che era inutile scappare».

Tra le parti civili anche Massimo Cinque. «Ero di servizio», ha ricordato il medico, «mia moglie mi telefonò dopo la scossa delle 23. Eravamo stati tranquillizzati: più la scossa scaricava e meglio era, perciò le ho detto stai calma magari tu e i bimbi dormite nel lettone». Cinque ha precisato che «c'era stato un cambiamento netto di atteggiamento rispetto a prima», proprio per via delle rassicurazioni.

In precedenza c'era stata la drammatica testimonianza di Giuseppe Calvisi, medico del 118 che dal 6 aprile ha lavorato dalle 6 del mattino fino alle 4 di quello successivo. Il medico ha ricordato che «intorno alle 7 del mattino c'erano 15-20 morti, dovevamo trovare un luogo idoneo. Siamo andati ai poliambulatori dell'ospedale San Salvatore al piano terra, chiudendo le finestre. Non c'erano le barelle, verso le 16 le stanze erano già piene. Così è arrivato l'ordine di trasferirci nel garage della Guardia di finanza».

L'ispettore superiore di polizia, Lorenzo Cavallo, ha ripercorso le tappe delle indagini. «Nell'agosto 2009», ha ricordato, «l'avvocato Antonio Valentini ha presentato il primo di una serie di esposti, paventando responsabilità della commissione. Poi ne sono seguiti altri fino al febbraio 2010. Ha colpito la nostra attenzione il fatto che le persone presentavano dati concordanti l'una all'insaputa delle altre».

Dei sette imputati ieri erano presenti Enzo Boschi, Bernardo De Bernardinis e Mauro Dolce mentre erano vuote le sedie riservate a Franco Barberi, Giulio Selvaggi, Claudio Eva e Gian Michele Calvi. Boschi, parlando ai cronisti, ha voluto dire la sua. «Ci sono gli assessori comunale, provinciale e regionale» ha detto «che gestiscono localmente il sistema della protezione civile. La commissione Grandi rischi deve soltanto riferire e io non avevo nessun potere operativo». «La commissione» ha aggiunto «avrebbe dovuto indicare misure di prevenzione ma la popolazione avrebbe già dovuto saperle. Delle istituzioni locali nessuno mi ha chiesto niente. Il verbale della riunione del 31 marzo lo considero irrilevante perché redatto dopo il sisma. Comunque penso e spero di essere assolto».

Del film «Draquila», infine, sarà visionata solo la parte dove c'è l'intervista a Boschi». Acquisite anche le interviste dei Tg. Prossime udienze il 22 e 29 ottobre.

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