Il docente detenuto in Albania: «Voglio un processo equo»

1 Ottobre 2025

Parla dal carcere il professor D’Angelo: «La mobilitazione mi dà forza». Il toccante incontro con la compagna, che gli ha portato crêpes ai formaggi e polpette fatte in casa

L’AQUILA. Dall’auto che la riporta verso l’albergo, con ancora negli occhi l’emozione dell’incontro in carcere, Vanessa Castelli racconta le ore trascorse accanto al compagno Michele D’Angelo, il professore di biologia dell’Università dell’Aquila e scienziato di fama internazionale, detenuto in Albania dopo l’incidente stradale dell’8 agosto scorso sulla Levan-Fier. «È stato un incontro tra lacrime e sorrisi», dice con un filo di voce. Ad ogni visita, Vanessa porta con sé non solo parole di incoraggiamento, ma anche segni concreti di vicinanza: nuovi libri da leggere, mentre si riprende quelli che Michele ha già finito. «Sta leggendo un volume al giorno, è il suo unico sollievo nella detenzione», spiega. Ma non solo: a colmare la distanza e la durezza delle mura del carcere sono anche i sapori di casa.

«Gli ho portato le crêpes ai formaggi che prepara la mia mamma e le polpette. Purtroppo senza frigo non posso fare di più, ma le ha mangiate subito. Qualcosa fatto in casa lo aiuta a sollevare l’umore, a sentirsi a casa anche se solo per un attimo». Vanessa resterà in Albania fino a venerdì e tenterà di vederlo ancora, consapevole che la prossima settimana non riuscirà a raggiungerlo. In questi giorni, ogni incontro diventa quindi prezioso, un momento che racchiude la forza di due vite sospese, divise dalle sbarre ma unite dalla speranza. Durante l’incontro, il professore ha affidato a alla compagna anche alcuni fogli scritti a mano: pensieri, riflessioni e risposte alle tante domande che i mezzi di informazione e il mondo accademico aquilano gli hanno rivolto in queste settimane. Pagine che restituiscono la voce di un uomo che, pur recluso, non smette di guardare oltre le mura del carcere.

«Sto cercando di affrontare questa esperienza con forza e dignità», scrive, «ma faccio il conto alla rovescia per ogni visita di Vanessa: sono attimi che mi restituiscono respiro, che mi ricordano chi sono fuori da queste mura. Mi sostiene il pensiero che non sono solo, che fuori c’è chi lotta per me, chi crede nella giustizia, chi non ha smesso di raccontare la verità. E ogni giorno, anche se difficile, è un giorno in meno verso il ritorno». D’Angelo torna anche sul drammatico incidente che ha causato la morte di un giovane e affida alla carta il suo dolore: «L’incidente ha segnato profondamente la mia vita. Ogni giorno penso alla tragedia che ha colpito quella famiglia e provo un dolore sincero per la perdita che hanno subito. Comprendo che nulla possa lenire il loro dolore, ma desidero esprimere il mio rispetto e la mia vicinanza».

E aggiunge: «Sulle responsabilità confido nel lavoro della magistratura e sono disponibile a collaborare pienamente per chiarire ogni aspetto. So che tra gli elementi al vaglio c’è anche la velocità dell’altro veicolo, e ritengo giusto che ogni dettaglio venga analizzato con rigore e imparzialità». Alle autorità italiane chiede una sola cosa: «Che venga garantito il rispetto dei miei diritti fondamentali e che si mantenga un canale aperto con le istituzioni albanesi. Non cerco privilegi, ma solo un processo equo, trasparente e rispettoso. Confido nel legame storico e nella fratellanza tra Italia e Albania. La mia speranza è che l’Italia continui a seguire il mio caso con attenzione e spirito di giustizia».

Lo studioso racconta di sentire la mobilitazione che dall’Abruzzo e dalla Puglia si è alzata in suo sostegno: «Il supporto che arriva da colleghi, studenti, cittadini e rappresentanti istituzionali è stato per me una fonte di forza e conforto. Grazie a Vanessa, che mi tiene costantemente informato dei notiziari, ho potuto conoscere l’impegno di chi ha scelto di non restare in silenzio: persone che si sono mobilitate, che hanno chiesto chiarezza, che hanno espresso vicinanza e fiducia». Un momento difficilissimo per l’uomo che, nonostante tutto, non smette di guardare al futuro. «Ho fiducia. Confido nel lavoro delle autorità albanesi e nella possibilità che la vicenda venga ricostruita in modo oggettivo, imparziale e rispettoso della verità».

Quando pensa al ritorno in Italia, le parole si concentrano sulle persone e sui piccoli gesti: «La prima cosa sarà riabbracciare Vanessa, senza dire nulla, perché le parole non basteranno. Lei ha portato sulle spalle il peso di questa assenza, ha lottato, ha lavorato anche per me, e ha saputo trasformare il dolore in forza. Poi, vorrei sedermi a tavola con i miei familiari, fare un pranzo semplice ma pieno di significato, guardare negli occhi chi mi ha aspettato, chi ha sofferto in silenzio, chi ha sperato con me. Vorrei camminare in libertà, respirare l’aria di casa, ritrovare il senso delle piccole cose. E infine, riabbracciare i miei amati gatti. Mi manca il loro sguardo silenzioso, la loro presenza discreta, il modo in cui sanno consolare senza dire nulla…». Il deputato Luciano D’Alfonso continua a seguire il caso in primissima linea.

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