Il giorno di Vito Taccone: la città riabbraccia il mito 

Taglio del nastro della nuova scultura e bagno di folla per il Camoscio d’Abruzzo Moser: «Resta un esempio per tutti», Di Pangrazio: «Ha difeso la nostra identità»

AVEZZANO. Non avrebbe potuto esserci un tributo migliore di questo. Eccola, la sua gente tornare a osannarlo: le mani applaudono, gli sguardi si alzano verso il cielo, i cuori battono. Poco dopo mezzogiorno di una giornata destinata alla storia, Piazza Cavour si riempe di un orgoglio che pareva smarrito. Ci ha pensato Vito Taccone, il capopopolo, a riesumare l’antico senso di “marsicanità” in una piazza colorata a festa per l’occasione. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando il campione veniva portato in trionfo dalla sua gente dopo i successi sulle vette dolomitiche. Era l’eroe dei poveri, il simbolo del riscatto, la voce di un popolo. «Ha portato in alto il nome della città, è stato un simbolo di “marsicanità”, quella nostra identità che oggi dobbiamo difendere, senza scendere in campanilismi», ricorda il sindaco Gianni Di Pangrazio, dopo aver tolto il drappo dal nuovo monumento del Camoscio, inaugurato dopo un’attesa lunga ed estenuante. La vecchia statua rubata e poi danneggiata, il bronzo distrutto negli scantinati comunali, il silenzio durato quasi nove anni, il lungo iter per la riqualificazione. Tutto archiviato. Oggi i muscoli e il volto del campione, tirati a lucido dal restauro minuzioso di Bruno ed Eleonora Morelli, risplendono sotto il sole primaverile di maggio, a poche ore dalla partenza del Giro d’Italia. È sbocciata finalmente la primavera.
le imprese
Prima ancora del simbolico taglio del nastro della scultura, il campione è stato omaggiato in un convegno al castello Orsini con un lungo filmato che ne ha ripercorso la vita e le gesta. Tanta la commozione tra i presenti. Rompe il ghiaccio il figlio Cristiano: «Ho visto queste immagini centinaia di volte, ma farlo oggi insieme a tutti voi mi ha emozionato». Sul palco c’è anche Davide Cassani, ex ct della Nazionale e opinionista Rai, e Gigi Sgarbozza, altro volto noto del piccolo schermo e ciclista ai tempi di Taccone. Poco prima dei saluti, si palesa in sala Francesco Moser, l’italiano più vincente nella storia del ciclismo. Lo Sceriffo non lesina aneddoti: «Ricordo le giornate nella sua tenuta ai piedi del Velino, Vito aveva tanti animali e persino uno struzzo, che una volta lo aggredì strappandogli persino la camicia. Merita queso omaggio perchè per tutti voi, e per l’Abruzzo intero, resterà per sempre un mito». «È per Avezzano quello che Maradona è per Napoli», aggiunge lo storico Giovanbattista Pitoni, prima di recitare la poesia che il padre Antonio dedicò al Camoscio dopo i cinque successi di tappa al Giro '63. In sala anche una classe del liceo scientifico sportivo. Quella di Vito è una grande lezione di vita, oltre che di sport.
la nuova opera
La nuova scultura - benedetta dal vescovo Giovanni Massaro - risplende in piazza Cavour a pochi metri dal forno Michetti, dove Taccone iniziò ad andare in bici come garzone. Ciò grazie alla tenacia dell’associazione di piazza Cavour guidata dal presidente Franco Casmirri e da Nazzareno Di Matteo. Grazie alla loro piccola, pacifica sommossa popolare (con tanto di raccolta firme), il campione cittadino ha di nuovo giustizia. Il comitato ora lavora a un altro sogno: quello di portare il Giro d’Italia ad Avezzano nel 2024 (vedi altro articolo in pagina). Tante le istituzioni presenti: i senatori Guido Liris e Michele Fina, l’assessore regionale Mario Quaglieri, i consiglieri regionali Massimo Verrecchia e Giorgio Fedele.
©RIPRODUZIONE RISERVATA