L’ALLIEVO<BR>

Il pianto del maestro Nazzareno Carusi

 A Celano, dopo un concerto, Vittoriano Esposito mi strinse forte. Poi, con lo sguardo dolcissimo e profondo, mi disse che quando si fosse "avventurato nei giardini dell'oltre" avrebbe voluto avermi lì a suonare. Lo promisi. Ma la vita decide se i nostri desideri, anche i più grandi, hanno da realizzarsi o no. Sono qui, mio professore; ma non al pianoforte. Scrivo da Ravenna. Ho un'ernia al disco fastidiosa. Allora, in attesa del concerto che farò per lei, mi sforzo di dipingerle gli affetti che la notizia del suo viaggio all'aldilà squaderna in me. Lei, i suoi scritti, le lezioni, le sue dediche, i commenti, le sue osservazioni e il modo pacato, ma fermissimo, d'esprimere giudizi, avete dato alla mia musica la capacità d'immergersi, senza alcun timore di smarrirsi, negli spazi sconfinati e anche scoscesi della lingua nostra. Non avrei mai letto Dante con la stessa luce a illuminarmi il verso se non avessi avuto lei al liceo. E poi Silone. Indimenticabile e commovente. Alla lezione sul Segreto di Luca, risalendo via Marconi piansi. E mi portai dentro quella nostalgia d'amore che spiega il genio d'arte. Due mesi fa ho detto addio a mio padre e lei era là, sofferente ma vicino come sempre. Un mese fa ho perso il mio maestro al pianoforte. Oggi va via lei, senza le mie note. Amato professore. Il cuore piange.