Il pm voleva il carcere per Piccinini 

Il gip ha deciso per i domiciliari. Niente sospensione per la Di Vincenzo e Montazzoli

L’AQUILA. «Non appare necessaria la misura della custodia in carcere». Così il gip Giuseppe Romano Gargarella, nell’esaminare le richieste di arresto da parte della Procura distrettuale antimafia, decide di applicare la misura dei domiciliari.
Così si apprende che il sostituto procuratore della Repubblica Antonietta Picardi, nelle sue richieste, voleva il carcere per i principali soggetti coinvolti nell’indagine che ha portato a dieci arresti e a cinque divieti temporanei di esercitare l’attività professionale. Tra questi, una delle figure ritenute apicali è quella del geometra aquilano di 61 anni Lionello Piccinini, detto Lello, coinvolto nell’inchiesta, avviata dai carabinieri del Noe, insieme al fratello Lucio Piccinini, di 49 anni, imprenditore e rappresentante della ditta Atec srl.
Dalle carte dell’inchiesta emerge anche che lo stesso pubblico ministero aveva chiesto l’applicazione del divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale nei confronti di altri due tecnici. Si tratta di Federica Di Vincenzo, di 37 anni, dell’Aquila, figlia dell’architetto Berardino, e di Francesco Montazzoli, di 34 anni, di Popoli, collaboratore di studio di Giancarlo Di Vincenzo (l’altro figlio di Berardino) in relazione alle condotte contestate. Il gip ha tuttavia deciso di rigettare la richiesta di applicazione del divieto.(e.n.)
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