Inchiesta tangenti all’Aquila, nuovo fronte d’indagine

24 Marzo 2014

La squadra mobile cerca di scoprire connivenze nell’accreditamento non dovuto di oltre un milione di euro finito nelle casse della Steda

L’AQUILA. Inchiesta tangenti post-sisma verso il secondo atto. Due giorni fa la Procura della Repubblica ha concluso le indagini su presunti casi di corruzione negli appalti della ricostruzione con otto indagati, tra i quali gli ex assessori Pierluigi Tancredi e Vladimiro Placidi, e l’ex vicesindaco Roberto Riga. Oltre agli imprenditori Daniele Lago e Pasqualino Macera, e al funzionario comunale Mario Di Gregorio, l’ex cerimoniera del Comune Daniela Sibilla e il direttore dei lavori di Palazzo Carli Fabrizio Menestò.

Ma non è finita qui. Nel senso che la squadra Mobile, diretta da Maurilio Grasso, sta ancora indagando e non si può escludere che altre persone potranno essere iscritte nel registro degli indagati.

Infatti, secondo quanto si è appreso, gli investigatori stanno passando al setaccio una serie di informazioni apprese dopo avere sequestrato i computer degli indagati.

Inoltre sono in corso rilievi di natura contabile e bancaria per capire meglio come sia stato possibile (e, dunque, se ci siano connivenze) che la somma di un milione e duecentomila euro, ovvero il terzo Sal per i lavori dei puntellamenti nell’ex Rettorato sia tranquillamente finita nelle mani dell’imprenditore Lago nonostante i lavori siano stati effettuati dall’impresa Silva. Forse ci sono state omissioni nei controlli. Va ribadito che questa pesante appropriazione indebita è attribuita al solo Lago mentre in seguito all’avviso di conclusione delle indagini sono stati scagionati da tale accusa Menestò e il funzionario comunale Di Gregorio, che, però, non escono dall’inchiesta; anche se la loro posizione si è assai alleggerita. Insomma ci sono conti che non tornano e forse saranno necessari anche altri interrogatori. Non va inoltre dimenticato che esistono delle intercettazioni che potrebbero ancora fornire qualche altra informazione. Ora, anche se si tratta di una persona giuridica, la ditta Steda è formalmente entrata nell’indagine.

La destinazione illecita di quella somma, oltre un milione e 200mila euro (che per gli investigatori è la maxi-tangente che Lago avrebbe utilizzato come mazzetta per gli appalti), fu segnalata dall’imprenditore Cesare Silva che era in associazione temporanea d’impresa con la Steda. «Le lavorazioni inerenti al terzo Sal», dice Silva (parte offesa nel procedimento) in uno degli interrogatori, «erano a totale appannaggio della Silva costruzioni in quanto facevano riferimento al periodo precedente alla costituzione dell’Ati con la Steda. Nonostante ciò abbiamo accettato che la Steda rientrasse anche in quel Sal, infatti ricordo che a fine 2009 venne emessa dalla Steda in nome e per conto della nostra Ati una fattura per il pagamento del terzo Sal dei lavori per un milione e 290mila euro. Scoprirò solo dopo che, a nostra insaputa, nel 2010 verrà riemessa la stessa fattura con una data posticipata dalla quale era stata omessa l’indicazione della banca cui effettuare il bonifico». Comunque, per quanto riguarda gli otto indagati, gli avvocati stanno preparando le controdeduzioni da far pervenire entro 20 giorni alla Procura per contestare il provvedimento di conclusione delle indagini che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Va ricordato che nel corso degli interrogatori di garanzia i sospettati hanno respinto le accuse e gli stessi avvocati si sono prodigati nel sostenere che dagli atti «emerge davvero poco».

L’inchiesta, paradossalmente, poggia sulle ammissioni di Lago, il quale ha ricostruito i movimenti dei sospettati, oltre, ovviamente, sulle dichiarazioni di Silva. Ma ora lo stesso Lago, imprenditore veneto, si trova in una posizione più pesante di quella in cui sembrava trovarsi all’avvio delle indagini.

©RIPRODUZIONE RISERVATA