«Io, precario da dieci anni»

Il chirurgo Scalisi: dovremo ricominciare da zero

AVEZZANO. Dieci anni di precariato in uno dei reparti di Chirurgia vascolare più efficienti del centro-sud. Luciano Scalisi vi è entrato come neospecializzato. Rischia di uscirne da esperto chirurgo. Sarà uno dei 90 precari che la legge Brunetta metterà fuori dall'ospedale di Avezzano.

Come lui, 90 persone fra medici, tecnici, infermieri e Ota il 31 marzo lasceranno l'ospedale se «la politica non metterà una pezza al buco che la norma taglia-precari sta per aprire», spiegano. In tutte le Asl, secondo quanto stabilito dalla legge Brunetta, «per il personale precario non si può superare la soglia del 50 per cento rispetto al 2009». L'anno in cui il terremoto costrinse a chiudere numerosi reparti e le assunzioni di precari in tutta la Asl provinciale furono pochissime. E mentre nei tavoli romani si susseguono riunioni con Chiodi e Silveri per trovare una soluzione, ad Avezzano tutto il personale dell'ospedale è in mobilitazione.

Precari assunti da mesi o da anni e personale a tempo indeterminato coalizzati contro una situazione di «estrema urgenza». «È stato un fulmine a ciel sereno», dice sommesso il dottor Luciano Scalisi, 44 anni, sposato e con due figli: «Dieci anni fa non mi sarei aspettato un epilogo del genere». Dieci anni fa era il dicembre del 2002. Scalisi era un neoleureato pieno di ambizioni. La principale era lavorare nel reparto di Chirurgia vascolare ad Avezzano: uno dei reparti di più alto livello nell'Italia centrale. Viene assunto con contratto Co.co.co. e comincia a lavorare al fianco del primario, Giovanni De Blasis. «Sono cresciuto molto professionalmente», riconosce. È il primo incarico della sua carriera. Il contratto scade nel 2008. Fino ad allora niente contributi e poche ferie. Poi lo stato contrattuale cambia e Scalisi viene assunto con «avviso di incarico». Quell'avviso scadrà il 23 marzo: se Brunetta non farà dietro front, il chirurgo tornerà ad essere «un uomo disoccupato». Come lui, ricorda, decine di persone: un esodo che lascerà sguarniti tutti i reparti dell'ospedale creando una vera «emergenza».

«Siamo precari solo sul contratto», spiega ancora il chiururgo, perché «operiamo in autonomia, abbiamo le stesse mansioni, responsabilità e reperibilità degli assunti a tempo indeterminato. La Asl ha investito su di noi in tutti questi anni».

Lasciarli andare sarebbe una perdita per l'azienda e per i pazienti. E se la politica non riuscisse a far passare una deroga al blocco dei contratti a tempo determinato per la Asl provinciale, cosa succederebbe? «Dovremmo ricominciare da zero», spiega Scalisi, che non parla mai a nome personale: «Borsa alla mano, in giro per il Paese, a cercare cliniche disposte ad assumere e a rispondere a concorsi». In barba alle professionalità acquisite.

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