L'Aquila, la burocrazia cancella i ricordi pre-sismaGli oggetti recuperati ostaggio del Comune

Nei magazzini del Comune giacciono circa venti scatoloni contenenti oggetti di diverso valore recuperati negli edifici crollati il 6 aprile 2009. Ma l'Ente continua a non dare risposte a quanti chiedono di poter rientrare in possesso delle cose ritrovate tra le macerie

L'AQUILA. Il Comune dell'Aquila ha in custodia circa venti scatoloni con dentro oggetti di diverso valore recuperati negli edifici crollati la notte del 6 aprile 2009. Ma da mesi l'Ente continua a non dare risposte a quanti chiedono di poter rientrare in possesso delle cose ritrovate tra le macerie. Scatoloni con dentro gioielli e denaro, ma anche libri e fotografie il cui valore affettivo è davvero grande. Tutto ciò sta accadendo perché il Comune non é ancora riuscito a trovare un luogo sicuro dove poter esporre i beni recuperati e consentire così ai legittimi proprietari di tornarne in possesso.

A denunciare la situazione è Mariella Riccobono, che abitava al numero civico 123 di via XX Settembre. In quella palazzina sbriciolata dalla violenza del sisma sono morte cinque persone. La Riccobono, che parla a nome anche di altre persone che da tempo chiedono di poter riavere oggetti e ricordi dei loro familiari scomparsi quella notte, sollecita con forza le istituzioni a trovare «una soluzione semplice e immediata (vista l'enormità del tempo trascorso), mostrando così anche una certa vicinanza affettiva a noi cittadini. Il materiale ritrovato tra le macerie delle case crollate è custodito dal Comune dell'Aquila, sotto la diretta responsabilità dell'ingegnere Renato Amorosi, del settore Opere pubbliche» spiega la donna.

«Venuta già lo scorso anno a conoscenza di questa situazione, dal mese di novembre ho incontrato varie volte questo dirigente comunale per sapere quali procedure seguire per riappropriarci dei beni eventualmente riconosciuti come nostri. Ma questa, stando alle spiegazioni fornite ogni volta dal dirigente comunale, sembra una strada impercorribile. E ciò accade perché il Comune non ha luoghi adatti e sicuri dove poter esporre il materiale contenuto in quegli scatoloni. Io stessa» continua la donna, che viveva in quella palazzina crollata, «ho suggerito varie possibilità al Comune. Tra queste anche l'utilizzo di uno spazio all'interno di una caserma o l'allestimento di un tendone dove esporre solo le foto dei beni ritrovati. Ma nulla finora si è mosso. A 26 mesi trascorsi dal sisma nessuno ha trovato ancora il modo per restituire qualche brandello del suo passato a chi ha perso tutto. Evidentemente, non c'è la giusta sensibilità per affrontare questa cosa».

«Personalmente» aggiunge «ho avuto modo di riscontrare che molti cittadini, che sarebbero confortati dal ritrovare qualcosa dei loro cari, non sanno neppure dell'esistenza di quegli scatoloni e della possibilità di richiedere quei beni». Solo in un paio di pacchi ci sarebbe l'indirizzo degli edifici crollati dove è stato possibile recuperare qualcosa. Negli altri, secondo quanto riferito da Mariella Riccobono, ci sarebbe solo l'elenco degli oggetti ritrovati.

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