il processo

L'Aquila, morirono in 24: lo Stato chiede i danni

Via Campo di Fossa, l’Avvocatura pretende 4 milioni di indennizzo: «Proprietari degli appartamenti responsabili del crollo»

L’AQULA. Lo Stato ritiene che i superstiti del crollo del palazzo di via Campo di Fossa siano corresponsabili della tragedia: sotto le macerie morirono 24 persone. E, incredibile ma vero, chiede che siano anche loro, in una azione di regresso, a pagare danni per una somma di 4 milioni. Una delle vicende giudiziarie post sisma più controverse per la sua unicità, verrà discussa a novembre davanti al giudice civile.

Il condominio di Via Campo di Fossa, va ricordato, è uno dei luoghi simbolo della tragedia del 6 aprile 2009 al punto che venne definito «Il piccolo grande cimitero della città dell’Aquila». Tra le 24 vittime ci furono molti ragazzi, tra cui alcuni universitari fuori sede e bambini la cui vita fu spezzata non tanto per il sisma quanto per errori umani come dicono le perizie.

In sostanza i ministeri delle Infrastrutture e Interno, tramite l’Avvocatura, sostengono che nel nostro ordinamento incombano sui titolari degli immobili delle presunzioni di responsabilità. Quella in questione poggia sul fatto che «qualora la rovina dipenda da un vizio di costruzione il proprietario sarà sempre responsabile anche nei casi in cui i vizi siano occulti e non si manifestino con vizi evidenti e visibili di pericolo quali possono essere crepe o avvallamenti conseguenti a errori del costruttore, inteso ovviamente nella sua accezione più ampia». Che ci siano errori dei costruttori non c’è dubbio secondo le perizie che fece la Procura. Infatti la magistratura, pur non potendo procedere in quanto i presunti responsabili del crollo erano morti da oltre 15 anni, aveva individuato gravi errori nella costruzione di quel palazzo, fatto negli anni Sessanta, a carico del progettista architettonico, del direttore dei lavori, dell’esecutore dei calcoli strutturali del palazzo, di un collaudatore e di un paio di funzionari del Genio civile che detterò l’ok a un progetto che sotto il profilo antisismico lasciava molto a desiderare. E, infatti, a fronte di una scossa forte ma che avrebbe dovuto sopportare, il palazzo, che era in centro storico e realizzato in cemento armato, implose come fosse di cartapesta.

Secondo le carte della Procura ci sarebbe stata anche una responsabilità del Comune per avere rilasciato, circa 50 anni fa, un certificato di agibilità con il quale si facevano attestazioni poi smentite dagli eventi.

Ma cosa può essere imputato ai titolari del palazzo i quali certe cose non le potevano sapere? L’avvocatura dello Stato ritiene che costoro siano corresponsabili al 30 per cento. Di certo l’avvocato che difende i resistenti, Luciano Dell’Orso, nella sua comparsa di risposta ritiene parla di domanda pretestuosa e temeraria formulata dai ministeri. Fermo restando «che il diritto risarcitorio fondato sulla predetta disposizione sia esercitabile dal solo danneggiato nei confronti del proprietario dell’edificio».

Inoltre, sulla scorta di alcune pronunce di Cassazione, queste persone «poichè rispondono nei confronti del danneggiato solo in base a un criterio di imputazione legale risultano per definizione estranei alla produzione del danno».Ma secondo la tesi avversa a quella dei ministeri, la causa non può essere intrapresa per «estinzione del condominio». La giurisprudenza infatti sostiene che il perimento totale o di tre quarti del palazzo determina la estinzione del condominio per mancanza dell’oggetto». Di altro tenore sono le cause sacrosante che hanno avviato i familiari degli studenti fuori sede.

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