L'Aquila, salmonella nell'allevamento: abbattute cinquemila galline

L’ordinanza del sindaco Biondi ha previsto anche la distruzione di oltre 116mila uova. L’allevatore verrà indennizzato

L’AQUILA. Un’epidemia di salmonellosi. ora scongiurata, ha reso inevitabile l’abbattimento di animali da cortile. Al centro della vicenda, tutto sommato abbastanza rara nella zona, un allevamento situato alla periferia nord est della città. Gli accertamenti eseguiti dall’Asl hanno reso necessaria l’eliminazione di ben 4.757 galline ovaiole e la distruzione di oltre 116mila uova da consumo. La salmonella degli animali, del resto, è facilmente trasmissibile all’uomo.
La drastica misura, sulla scorta di una serie di provvedimenti articolati tra più enti, era inevitabile visto che è difficile evitare sul nascere questa patologia negli animali. Nelle galline, infatti, le infezioni sono spesso prive di sintomi evidenti. In alcuni casi può verificarsi un calo della produzione di uova. Le uova da cova rivestono un ruolo molto importante per la trasmissione dell’infezione nelle galline. A seconda del tipo di agente patogeno le salmonelle possono essere trasmesse anche alle uova e infettare i pulcini al loro interno. Questi ultimi, e i gusci delle uova, provocano a loro volta infezioni in altri animali dell’incubatoio.
L’allevatore, comunque, sarà risarcito. Questo sulla scorta di un verbale redatto dal servizio veterinario Asl in base al quale l’indennizzo è di 34mila euro. Al riguardo è stata emanata due giorni fa un’ordinanza del sindaco Pierluigi Biondi che dispone la liquidazione della somma ed è stata trasmessa alla Regione e alla direzione dell’Azienda sanitaria affinché si disponga il pagamento. Il servizio Veterinario Asl è stato incaricato dell’esecuzione di questa ordinanza. Questo pagamento è stato accordato sulla scorta del fatto che l’ allevatore ha rispettato le norme di polizia veterinaria. «Ma va ricordato», commenta Dino Rossi, portavoce del Cospa, «che si tratta di indennizzi che, per solito, sono al di sotto dei danni realmente patiti da noi allevatori».
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