L’ex poliziotto che costruisce violini

Incontro con Mancini nel suo laboratorio di Avezzano: innamorato della musica classica fin da ragazzo
AVEZZANO.
In un mondo informatico come il nostro, dove la tecnologia sta influenzando completamente la vita di tutti i giorni, ci sono ancora mestieri legati alla tradizione. Pensate a quello del liutaio.
Domenico Mancini, 62 anni, dopo una vita passata nella polizia stradale con il grado di ispettore, grazie al suo talento artistico nel 1999 entra a contatto con il maestro liutaio Francesco Pascale e diventa il suo allievo prediletto. Successivamente apre un laboratorio ad Avezzano, nella propria abitazione. I suoi modelli sono tutti ispirati al grande liutaio Antonio Stradivari. Un’ultima sua mostra, di straordinaria importanza, è stata esposta a Civita d’Antino.
Oltre a strumenti musicali, Mancini si dedica anche a sculture in legno, tra cui quelle di Padre Pio e della Madonna di Pietraquaria.
Cosa l’ha spinta a fare questo lavoro così particolare?
«La passione. Mi sono innamorato della musica classica fin da ragazzo quando ascoltavo Paganini. Poi ho conosciuto un maestro che ora è morto ma che mi ha insegnato questo mestiere. I primi violini non sono venuti bene, poi con l’esperienza sono migliorato. Ora sto lavorando a un contrabbasso».
Secondo lei, nella Marsica, l’artigianato è valorizzato abbastanza?
«Penso di no. Un tempo sì, ma ora per l’artigianato non c’è più futuro».
Lei dove ha imparato?
«Con il mio maestro, che mi ha insegnato a costruire violini».
Vende il suo lavoro anche a musicisti e collezionisti?
«Ho venduto violini a persone di Venezia e Roma che suonavano in un complesso di musica classica».
Pensa che Avezzano sia una città in grado di favorire lo sviluppo di questo mestiere?
«Penso di no, forse più Tagliacozzo e Pescasseroli».
In un momento di crisi perché far perdere un’attività artigianale di prestigio che potrebbe garantire lavoro?
«La gente non ha soldi e quindi non ha la possibilità di acquistare strumenti così particolari e così costosi che prevedono una manodopera non indifferente».
Beatrice Bisegna
Fabrizio Calfapietra
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