La città delle donne Dai giovani la voglia di rompere il silenzio 

Massiccia presenza di studenti alla mobilitazione aquilana Slogan di denuncia contro gli episodi di sopraffazione

L’AQUILA. L’8 marzo, dalla Fontana luminosa, è partito il corteo per lo sciopero globale delle donne, che ha animato il pomeriggio aquilano passando per via Alcide de Gasperi e intorno al Castello cinquecentesco, per poi tornare a concentrarsi davanti alla Fontana luminosa.
A organizzarlo sono stati vari gruppi della città, tra cui le associazioni “Donatella Tellini–Centro antiviolenza e biblioteca delle donne” e “Donne TerreMutate”, che hanno denunciato come il Piano nazionale antiviolenza, approvato nel 2013, non sia ancora stato attivato, e hanno richiesto un sostegno concreto per tali centri, maggiori finanziamenti ai consultori pubblici e la corretta applicazione della legge 194/78 per la tutela del diritto a un aborto libero, sicuro e gratuito. Un ruolo importante nell’allestimento della manifestazione lo ha avuto anche la rete “Non una di meno-L’Aquila”, a cui, tra le tante, aderiscono numerose sigle. Si tratta, più in particolare, di Uds L’Aquila, Collettivo “Fuori Genere”, l’Arcigay Massimo Consoli, e il Coordinamento donne migranti, che ha cercato di portare l’attenzione su come esse siano spesso viste come cittadine di serie B e come vivano doppiamente questa situazione discriminatoria.
Il corteo aquilano, in sintonia con tematiche di rilevanza mondiale, ha preso spunto, quest’anno, dalle denunce che hanno scosso Hollywood e che hanno scatenato, negli ultimi mesi, la diffusione sui social dell’hashtag #metoo (anche io), dove donne da ogni parte del mondo si sono ritrovate a condividere le loro esperienze.
E proprio da questo hashtag nasce il titolo adottato a livello internazionale dallo sciopero: #wetoogether (anche noi insieme), un titolo che va a simboleggiare il grido comune contro la violenza maschile sulle donne.
Il corteo ha visto partecipe un’enorme quantità di studentesse e studenti, che hanno dimostrato come la voglia di cambiare le cose sia ancora viva nei giovani, e animato la sfilata con cori di denuncia e discorsi appassionati, che hanno abbracciato i più vari argomenti, dalla “cultura dello stupro” all’elevata esclusione degli uomini dal femminismo odierno. In molti hanno notato la scarsa presenza maschile alla giornata di mobilitazione.
Un intervento, in particolare, ha portato l’attenzione sulla cosiddetta “strumentalizzazione dello stupro” da parte di alcuni organi di informazione. Si è parlato, inoltre, di come troppo spesso il “no” di una donna sia considerato libero di interpretazione, e di come la vittima sia spesso colpevolizzata quando trova il coraggio di denunciare.
Ma, oltre che di liberazione femminile, si è parlato di liberazione maschile, perché la “cultura dello stupro” può influenzare anche gli uomini, che vengono spesso ridotti ad «animali in preda agli istinti», nonostante siano anch’essi vittime di violenze, spesso non denunciate e non prese seriamente.
Un altro punto saliente della giornata è stato quello della quasi totale assenza, nei libri di testo, di nomi femminili, perché la storia non è stata fatta da soli uomini, ed è dovere della scuola informare su tutte le figure importanti, siano esse uomini o donne.
Una denuncia importante, poi, è stata quella rivolta a un altro aspetto, vale a dire sul come la società faccia sentire le donne quasi in un perenne stato di vulnerabilità, costantemente terrorizzate di essere potenzialmente oggetto di violenza: uno stato che ne riduce, di fatto, la libertà.
Un corteo molto partecipato e ricco di contenuti, in definitiva, che ha contribuito a fare luce su molti aspetti controversi della nostra società, ma che ha rappresentato, al tempo stesso, soltanto l’inizio di una divulgazione degli ideali femministi, che devono andare molto più a fondo per portare un vero cambiamento.
Alessandra Cuzzolino
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