La denuncia di una madre: «Quella scuola negata a mia figlia affetta dall’autismo»

23 Ottobre 2025

La studentessa, di 19 anni, vive nell’Aquilano ed è affetta da disturbi riconducibili allo spettro dell’autismo. A lei non è stata rinnovata la convenzione tra istituti. E il Tar ordina di riesaminare il caso, ma è tutto bloccato

L’AQUILA. Scuola negata a una ragazza di 19 anni affetta da gravi disturbi psico-motori riconducibili allo spettro dell’autismo: non parla, anche se intende, non è autonoma, non mangia da sola, non riesce a vestirsi. Accade in un paese montano dell’Aquilano e coinvolge un istituto comprensivo e una scuola superiore dell’Aquila. La ragazza lo scorso anno, racconta la madre «come richiesto dalla legge» – in base alla quale l’iscrizione alle scuole superiori va fatta entro il 18esimo anno d’età, anche se una sentenza del Consiglio di Stato ha consentito a un ragazzo disabile di potersi iscrivere pur avendo compiuto i 18 anni – «ho iscritto mia figlia a una scuola superiore dell’Aquila». I genitori hanno però chiesto alla scuola superiore di dare alla ragazza la possibilità di continuare a frequentare le lezioni nell’edificio del paese montano che ospita la scuola media. Assistita, naturalmente, da un insegnante dedicato e questo perché, continua la madre «la frequenza della scuola superiore all’Aquila comporterebbe dei viaggi di 30 chilometri almeno, con un dislivello di centinaia di metri. Lo sbalzo pressorio comporta forti dolori all’orecchio di mia figlia che si manifesta con pianto e gesti come per esempio battersi l’orecchio con una mano. L’anno scorso» continua la signora – grazie a una convenzione tra media e scuola superiore – a mia figlia è stato consentito di restare in paese anche se la convenzione prevedeva che almeno un giorno alla settimana sarebbe dovuta scendere all’Aquila». A dire il vero però, continua la madre «nel corso dell’anno la scuola superiore non mi ha mai contattato per soddisfare la clausola della frequenza di almeno un giorno, né mi ha proposto un piano di frequenza o comunicato chi, in quella scuola, con ragazzi più grandi, avrebbe assistito mia figlia. Pertanto non l’abbiamo mai portata alle superiori, soprattutto per evitarle il disagio del viaggio».

LA SCUOLA NEGATA

Quest’anno la doccia fredda. Con una scarna comunicazione che risale a giugno i dirigenti delle due scuole interessate hanno comunicato ai genitori che «il gruppo di lavoro per l’inclusione ha ritenuto che, per una maggiore inclusione, e un pieno sviluppo delle competenze sociali della ragazza sia preferibile e auspicabile l’effettivo inserimento dell’alunna presso la scuola superiore dove la studentessa avrebbe modo di relazionarsi con compagni più vicini a lei come fascia d’età e potenziare la motricità e la creatività attraverso attività manipolative e legate alla figurazione». Dunque niente convenzione.

IL TAR

Ma c’è di più. Il Tar, a cui i genitori hanno fatto ricorso attraverso l’avvocato Matteo Di Tonno del Foro di Pescara, ha presentato il ricorso e ha sospeso «il no» al rinnovo della convenzione. Nell’ordinanza del Tar si parla «di vizio di composizione del gruppo di lavoro per l’inclusione» e di «difetto di istruttoria per non aver tenuto in debita considerazione lo stato di salute dell’alunna disabile e le sue specifiche esigenze, nonché per illogicità della motivazione, atteso che l’applicazione del principio dell’accomodamento ragionevole esula sia dall’età dell’alunno disabile che dal divario anagrafico esistente tra questi e gli alunni delle classi di inserimento e si incentra esclusivamente sulla continuità e sull’effettività dell’inclusione scolastica del disabile». Il Tar ha ordinato alle due scuole «di riesaminare la situazione dell’alunna e individuare con sollecitudine il più adeguato e opportuno percorso formativo, anche mediante la sottoscrizione di protocolli d’intesa, che le consenta di concludere il percorso di istruzione secondaria intrapreso». A oltre 30 giorni dalla sospensiva del Tar i due dirigenti scolastici, come afferma la madre «non hanno risposto, né hanno depositato nessuna relazione, nessun protocollo, ignorando l’ordinanza del Tar». Se i dirigenti non rispondono, l’avvocato della famiglia sarà costretto a presentare l’istanza di inottemperanza e richiedere la nomina di un commissario che stipuli, per conto dei due dirigenti, la convenzione. «Noi genitori» conclude la madre «vogliamo solo il benessere psico-fisico di nostra figlia. Nella scuola del paese montano è ben inserita come è ben inserita nella comunità dove ha sempre vissuto».

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