La sorella del polacco disperso: «Karol è vivo, lo sento. Non mollo»

15 Dicembre 2025

Diana ha raggiunto Fonte Cerreto. L’appello attraverso il Centro: «Cercate mio fratello ovunque». L’uomo è sparito dal 19 novembre

L’AQUILA. «Mio fratello è ancora vivo e si trova in una grotta dove ha trovato riparo in attesa dei soccorsi». Quella di Diana Brozek è più di una speranza, più di un semplice sentore. È un convincimento intimo, di quelli che vanno oltre la ragione. O meglio, di quelli che la sottomettono la ragione, anche quando la realtà assume le asperità di una cresta innevata alta quasi 3mila metri, perennemente sferzata da venti e temperature che durante la notte si abbassano ben al di sotto dello zero. Le stesse condizioni, cioè, alle quali sarebbe esposto dallo scorso 19 novembre Karol Brozek, il turista polacco di 44 anni disperso da oltre venti giorni sul massiccio del Gran Sasso, nonché fratello gemello di Diana.

«Tra me e Karol c’è sempre stata un’affinità fuori dal comune che solo chi ha un fratello o una sorella gemella può capire», sostiene Diana dopo aver ringraziato ancora una volta i ragazzi del Corpo nazionale Soccorso alpino e speleologico (Cnsas), appena tornati indietro – insieme a quelli del Soccorso alpino della Guardia di finanza (Sagf) – dall’ultima spedizione di ricerca a quota 2.800 metri, ancora una volta a mani vuote nonostante gli sforzi. «Tra me e mio fratello esiste un rapporto simbiotico», ribadisce. «È come se le nostre anime derivassero da una stessa entità che poi si è suddivisa tra i nostri corpi quando eravamo ancora nel grembo di nostra madre».

Che la speranza di ritrovare Karol Brozek sano e salvo sia molto più che un auspicio, lo dimostra, del resto, la prima parte della mattinata di ieri, spesa a contattare tutti gli ospedali della zona, nella speranza che possa trovarsi chissà come ricoverato in uno di questi. Così come la stessa Diana ieri ha scongiurato i soccorritori affinchè perlustrino per bene ogni anfratto, perché è lì che secondo lei suo fratello può trovarsi. «Sono arrivata qui in Abruzzo giovedì per seguire da vicino le operazioni di ricerca, e guarda caso venerdì si è trovato Pirat (uno dei due cani svaniti nel nulla insieme a Karol e poi miracolosamente ritrovato pochi giorni nei pressi delle Fontari, ndr). Che cos’è questo, se non un segno del destino?», si chiede, a dimostrazione che i miracoli capitano a chi coltiva la speranza, anche quando tutto sembra suggerire il contrario.

«Tante persone ci stanno contattando in questi giorni esprimendoci la loro vicinanza, e io mi sento di ringraziarli tutti proprio per la fede che stanno coltivando nei loro cuori, e che poi ci manifestano». Così come un ringraziamento particolare si sente di farlo all’associazione Penelope e agli stessi soccorritori, impeccabili anche a detta di Renata Sarzewicz, la militare di origini polacche molto vicina alla famiglia Brozek, giunta anch’ella all’Aquila con il suo lupo cecoslovacco addestrato nelle ricerche a persona. Ai loro piedi anche Pirat, debilitato ma in buone condizioni secondo gli stessi veterinari che lo hanno visitato subito dopo il miracoloso ritrovamento. Nel primo pomeriggio di ieri è stato proprio lui a fare da guida al gruppo, con le due donne che hanno provato ad affidarsi all’unico in grado di sapere cosa sia successo a Karol, e dove possa trovarsi.

«Se Karol dovesse per assurdo riuscire a leggere questo articolo», aggiunge, «vorrei che sapesse quante persone si sono mobilitate solo per lui, dai soccorritori, alle autorità, alle persone comuni che sono in ansia per le sue sorti da due Paesi diversi. Lui è un tipo caratterialmente introverso, un solitario. Per questo l’unica cosa che mi sentirei di dirgli è questa: ma lo vedi quanto sei importante? Ma lo vedi che non vediamo l’ora di sapere dove sei finito?». Infine un pensiero su come andrà a finire questa vicenda, un salto nel futuro a quando finalmente questa storia sarà archiviata, in un modo o nell’altro. Anche al netto del fatto che tra qualche giorno lascerà il capoluogo e tornerà in Polonia, così da riportare a casa almeno Pirat. Per farlo chiude gli occhi e si guarda dentro, quasi a volersi connettere con la sua parte più profonda. «Penso che in futuro tornerò di nuovo all’Aquila, stavolta insieme a Karol, così che rivedremo insieme queste montagne. Questa è la mia sensazione».

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