La terra trema ai confini d'Abruzzo

19 Agosto 2010

Sette scosse in un giorno. Intervista a Boschi: «Zone ad alta pericolosità»

L'AQUILA. Il terremoto ha bussato anche ieri sui monti Reatini: 2.5 la magnitudo registrata alle 15,23 dai sismografi. «Una lieve scossa» ha specificato il bollettino della Protezione civile, che ha indicato come epicento i comuni di Montereale, Cagnano Amiterno e Borbona. «Lieve» come quella nella serata di ieri tra le province di Ascoli, Teramo e Rieti. Magnitudo 2.6 con epicentro tra Acquasanta Terme e Valle Castellana. Altri terremoti sono stati registrati sui monti della Laga e nel distretto sismico del Gran Sasso (magnitudo 2.1 alle 2,53 e alle 10,32). Il terremoto ha bussato tre volte anche al confine fra Abruzzo e Molise. Di magnitudo 3 la scossa più forte con epicentro in provincia di Isernia.

Scosse «lievi» che si ripetono da mesi e che accompagnano le paure della popolazione. In particolare sui monti Reatini. C'è da stare tranquilli? L'abbiamo chiesto a Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.

Professor Boschi, che cosa sta accadendo ai confini dell'Abruzzo?
«Si tratta di zone sismiche, come ce ne sono tantissime altre in Italia, e dove continuamente si verificano sequenze di questo tipo. Nell'ottanta, novanta per cento dei casi continuano e poi si arrestano senza creare problemi. Non chiedetemi previsioni, non le faccio».

La popolazione è in apprensione.
«È normale avere apprensione. Ma un'osservazione del genere andrebbe fatta a chi ha il potere politico di gestire determinate situazioni e prendere decisioni. Chi ha potere deve per esempio valutare la presenza di edifici a rischio. Se accadono tragedie, non si possono dare colpe ai sismologi. Posso però sottolineare che storicamente, in una zona sismica come quella dei monti Reatini, ci sono stati terremoti forti».

Ma non sembra normale questo sciame sismico. L'avete detto voi dell'Ingv: dura dal giugno 2009. Quattordici mesi di terremoti.
«Degli sciami in Romagna sono durati anche per tre anni consecutivi. Può essere una caratteristica tipica della sismicità che abbiamo in Italia. Ci troviamo in una zona di confine fra due placche: quella africana e l'altra euroasiatica. La placca africana spinge verso nord est e quando avviene lo scontro si generano l'attività sismica e quella vulcanica che abbiamo nel Mediterraneo. Le catene montuose come gli Appennini sono una conseguenza di questi movimenti naturali».

Con un'attività sismica tanto frequente bisogna aspettarsi una grande scossa?
«Se le dico di no mi accusano di mancato allarme, se le dico di sì faccio procurato allarme. Una cosa è certa. In 20, 30 anni di attività l'Ingv ha fatto una mappa della pericolosità del territorio nazionale. È facilissimo per un funzionario pubblico verificare dove si trova il proprio paese. Quella al confine fra Lazio e Abruzzo è una zona ad alta pericolosità. Lì si verificheranno forti terremoti. Non so quando. Ma si verificheranno».

La popolazione dell'Aquilano continua a dire che fornite risposte troppo vaghe. «Rispondiamo come possiamo, nei limiti delle attuali conoscenze. Sennò chi ci critica vada dai maghi o dagli indovini. Con la mappa della pericolosità siamo in grado di dire qual è l'accelerazione al suolo massima, punto per punto, più di questo... Non si possono dare colpe ai sismologi se avvengono delle catastrofi».

Però non guasterebbe un po' di prudenza.
«Dico che ci vorrebbe solo della buona prevenzione. Basta guardare ciò che è recentemente accaduto alle isole Eolie con i divieti ignorati sulle spiagge a rischio. La verità è che in Italia si fa zero prevenzione. E si dovrebbero rispettate le regole».

Cosa ne pensa delle previsioni di Giuliani? In questi giorni c'è una sua relazione che invita a prestare attenzione nella zona dei monti Reatini.
«Lasciamo perdere, non diciamo fesserie. Venga a trovarci all'Ingv e veda che cosa facciamo nei nostri laboratori. Se li facessimo noi questi giochini succederebbe il finimondo».

Ma nei paesi che tremano la gente ha paura. Ultimamente sono state chiuse e poi riaperte anche le chiese.
«Non è uno dei nostri compiti. Ci sono ingegneri pagati dai Comuni, assessori provinciali, regionali e sindaci che devono pensare alla Protezione civile. Che si rivolgano a loro. Una domanda la faccio io: in queste località ci sono piani di emergenza o di evacuazione?».

Professore, qual è la situazione lungo le altre faglie?
«Le controlliamo 24 ore su 24 e non c'è niente di particolare. Se non una normale attività sismica. Sarò monotono: non facciamo previsioni scientifiche, non le fa nessuno. Chi ci prova racconta balle».

L'ultima domanda. Che ne pensa dell'inchiesta sulla Commissione grandi rischi e il mancato allarme prima del 6 aprile 2009?
«Che vuole che le dica? Non ho ancora capito di cosa sono accusato».

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