Lacrime e applausi per l’addio a Stefano Vittorini

Politici e gente comune per salutare l’ex amministratore Il sindaco Cialente: «Vecchio amico, la città ti vuole bene»

L’AQUILA. Se avesse potuto scegliersela da solo, forse, questa sua ultima giornata tra la sua gente l’avrebbe voluta proprio così. Una folla immensa saluta Stefano Vittorini, che arriva portato a spalla da casa alla chiesa e dalla chiesa al cimitero, coi figli davanti a sorreggere la bara, i vigili urbani che fanno il saluto, il gonfalone del Comune, il sindaco e il presidente del consiglio comunale con le fasce, i suoi amici (e nemici) politici da destra a sinistra, tanta Prima Repubblica ma soprattutto – e sono quelli ai quali teneva di più – i suoi compaesani e concittadini. Mani callose che al passaggio del feretro si segnano e applaudono, facce segnate dalla fatica.

Così, in una giornata di sole pieno, la chiesa di San Pietro Apostolo straripa di gente. Sul sagrato, tra gli altri, detto di Cialente e Benedetti, amministratori di oggi e di ieri mischiati tra la folla. Si notano, tra gli altri, Sabatino Pupi, Gianfranco Giuliante, Vito Domenici, Giorgio Castellani, Antonio Nardantonio, Sergio Ianni, Ernesto Placidi, Roberto Tinari, Luigi D’Eramo, Guido Liris,Emanuele Imprudente. E ancora, l’ex rugbista Serafino Ghizzoni, l’avvocato Paolo Vecchioli, il sindacalista della Cgil Umberto Trasatti, il presidente della Camera di commercio Lorenzo Santilli, il presidente della Gran Sasso acqua spa Americo Di Benedetto, il sindaco di Scoppito Marco Giusti e quello di Carapelle Calvisio Domenico Di Cesare. Dentro la chiesa, l’ex sindaco Biagio Tempesta e l’ex parlamentare Romeo Ricciuti.

Presiede la liturgia esequiale l’arcivescovo emerito Giuseppe Molinari. «Un cristiano e un cittadino che s’impegnava per il bene comune. Forse non era perfetto, ma sempre generoso: non si è mai risparmiato». Sull’altare anche una qualificata rappresentanza di canonici del capitolo metropolitano e il cappellano dell’ospedale, padre Luciano Antonelli. Il sindaco lo ricorda così: «Eravamo avversari fin dai tempi del Liceo. Lui era uno che non mollava mai. Costanza, lealtà e disinteresse per un uomo d’altri tempi con valori antichi e profondo rispetto. L’ultima volta che ti ho visto è stato all’incendio di San Marco. Ciao vecchio amico, la città ti vuole bene». Mentre, dopo l’ultimo applauso, la folla si apre e fa da corona al suo passaggio, un uomo di una certa età si rammarica dell’ultimo appuntamento mancato. «Martedì doveva accompagnarmi al Comune per risolvere un problema con un passo carrabile». Questo è il popolo di Vittorini.

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