L’Aquila, parla il neo rettore Graziosi: «La mia prima mossa? Affrontare la questione risorse»

Il professore si insedierà a ottobre ai vertici dell’Università: «Ringrazio Alesse, sarà un riferimento» Il ritratto personale: «Ho tre figli che sono nel pieno dell’adolescenza. Mio papà è stato giornalista»
L’AQUILA. Fabio Graziosi guiderà l’Università degli Studi dell’Aquila per i prossimi sei anni. Professore di Ingegneria, ha conquistato un ampio consenso e si prepara ad affrontare le sfide di un Ateneo in crescita. In questa intervista ha voluto raccontare ai lettori del Centro la sua visione, i primi obiettivi da rettore, ma anche un po’ della sua vita privata. A ottobre inizierà il suo mandato da rettore.
Graziosi, si è parlato molto di continuità rispetto ai precedenti rettorati. È così?
«La definizione di “candidato di continuità” mi è stata attribuita dall’esterno. In realtà, in un Ateneo complesso come il nostro, con decine di migliaia di studenti e migliaia di dipendenti, la discontinuità non esiste. Si può cambiare rotta su alcune politiche, ma si parte sempre da basi solide. E noi le abbiamo. I due precedenti rettori hanno lavorato molto bene: è grazie a loro se oggi possiamo immaginare uno sviluppo ulteriore dell’Ateneo».
Il rettore uscente, Edoardo Alesse, avrà ancora un ruolo nella governance?
«Non avrà incarichi ufficiali, anche per una naturale evoluzione delle cose. Sei anni di mandato sono molto logoranti, e Alesse ha affrontato anche la pandemia da Covid. Però sarà per me una figura di riferimento fondamentale: per il trasferimento di conoscenze, di relazioni, di sensibilità, soprattutto a livello nazionale. La sua memoria storica sarà preziosa».
Ha già pensato a un’apertura verso chi si è trovato su posizioni diverse dalla sua, come il professor Marco Valenti, primo sfidante nella corsa al rettorato?
«Sono sempre stato aperto al dialogo e all’ascolto, credo sia essenziale per guidare una comunità come quella accademica. Detto questo, durante la campagna elettorale ci sono stati toni che, a mio avviso, hanno oltrepassato i limiti del confronto corretto. Non voglio alimentare polemiche, ma credo che un Ateneo debba sempre preservare la propria immagine e lavorare per l’interesse collettivo».
Uno dei problemi attuali è quello degli alloggi per gli studenti. Come valuta iniziative come il Collegio Ferrante d’Aragona?
«Il Collegio Ferrante d’Aragona è sicuramente un’iniziativa di valore. Quel tipo di approccio è interessante e può essere un segnale importante. Tuttavia, si tratta di un progetto pilota e non rappresenta una soluzione strutturale al problema degli alloggi. I numeri coinvolti, pur significativi, non saranno sufficienti a risolvere la questione».
Qual è la prima cosa che farà da rettore? E qual è la sua paura più grande?
«Più che paure, ho speranze e obiettivi. Mi piacerebbe aiutare l’Ateneo ad andare oltre i limiti percepiti. Spesso pensiamo che certe cose non si possano fare, ma in realtà il limite sta più avanti di quanto immaginiamo. La prima cosa che farò è affrontare subito la questione delle risorse: c’è incertezza sul fondo di funzionamento ordinario, che è essenziale per la vita quotidiana dell’Ateneo. È fondamentale garantire la sostenibilità economica e trovare margini di efficienza».
Un’altra questione aperta è quella dell’edilizia universitaria. Come affronterà questo tema?
«L’edilizia universitaria è una sfida complessa. Tra le priorità ci sono l’ex San Salvatore, l’edificio di Ingegneria a Roio e il nodo della facoltà di Economia. Poi c’è Palazzo Carli. Se dovessi indicare un edificio che porto nel cuore, sicuramente è quello, perché rappresenta il simbolo storico dell’Ateneo aquilano. Tuttavia, oggi Palazzo Carli non è più funzionale per ospitare le attività universitarie. Dal punto di vista strutturale, non è adatto ad accogliere le esigenze operative di un’università moderna. Per questo motivo abbiamo sempre pensato a un diverso utilizzo per l’edificio: un luogo che resti profondamente legato all’università, ma che sia anche una porta aperta verso la città. Immaginiamo per Palazzo Carli uno spazio condiviso, una “incubatrice di creatività” che possa ospitare eventi culturali, mostre, concerti e attività aperte alla comunità».
Professore, ci racconta qualcosa di lei? Della sua famiglia?
«Sono padre di tre figli: un ragazzo di quindici anni e mezzo e due gemelli di poco più di tredici. Sono nel pieno dell’adolescenza, un momento meraviglioso, ma anche molto impegnativo. Per fortuna possiamo contare sull’aiuto prezioso dei nonni, senza i quali sarebbe davvero difficile conciliare tutto. Mia madre è venuta a mancare lo scorso anno, ma mio padre, Fulgo Graziosi, che è stato anche giornalista oltre che dipendente in un ente pubblico, ci è di grande supporto. Anche i nonni materni ci aiutano molto».
Ha altre passioni oltre l’ingegneria?
«Mi piace molto lo sport. Giocavo a calcio a livello dilettantistico e, appena posso, vado in montagna. Lo sport è fondamentale, soprattutto oggi, per i giovani. È un mezzo essenziale per socializzare e interiorizzare valori. Lo vedo con i miei figli: evita l’isolamento, che è un rischio molto concreto in questa fase storica».
C’è un messaggio che vuole lasciare alla città e alla comunità accademica?
«Vorrei rafforzare il ruolo dell’Università come motore del territorio, in sinergia con tutte le realtà locali. Servono azioni coordinate e continue per rendere L’Aquila sempre più una vera città universitaria, capace di attrarre e accogliere studenti. Stiamo già lavorando, ad esempio, su un’analisi dei trasporti, tema cruciale in una città in rapida evoluzione. Dal sindaco ho ricevuto massima disponibilità alla collaborazione».