Raf: «Pescara, che orgoglio sentirti cantare “Gente di mare”»

Insieme a Umberto Tozzi è l’autore dell’inno del tifo biancazzurro: «Nell’ultimo concerto a Pescara mi regalarono la maglia che conservo gelosamente. Sono diventato anche tifoso del Delfino»
PESCARA. La “Gente di mare mania” scoppiata a Pescara nelle ultime settimane ci obbliga a cercare i motivi, la natura, i segreti di questa canzone che, giorno dopo giorno, sta assumendo i connotati di un vero e proprio inno alla “pescaresità”. Un fenomeno di costume, un percorso identitario che scorre in profondità come un fiume sotterraneo riemergendo alla prima occasione. Feste, ricorrenze, eventi sportivi di altre discipline vengono contagiate da questa febbre e dal bisogno irrefrenabile di cantarla insieme. Per spiegare l’alchimia, abbiamo chiesto aiuto ad uno degli autori del pezzo: Raf, al secolo Raffaele Riefoli, 65 anni e 23 album pubblicati. Un big della musica italiana, un mito per almeno un paio di generazioni.
Ci racconta com’è nata “Gente di mare”?
«Da un mio spunto, un’idea che avevo in mente e ho condiviso con Giancarlo Bigazzi, con cui collaboravo all’epoca. Insieme a Umberto Tozzi l’abbiamo cantata per la prima volta all’Eurofestival del 1987».
Qual è il messaggio che fa così presa?
«È il racconto del rapporto profondo che si vive con il mare tutto l’anno, non solo nel periodo delle vacanze. Un legame quasi ancestrale tra l’uomo e l’acqua che mi affascina da sempre e che abbiamo descritto nella canzone».
Hanno influito anche le sue origini?
«Senza dubbio. Sono nato a Margherita di Savoia, in Puglia, e il rapporto con il mare rimanda ad una tradizione millenaria, alle narrazioni di chi andava per mare. Un racconto per gli italiani, popolo di navigatori».
Di santi e di poeti.
«E di commissari tecnici (ride)».
C’era il mare anche in un altro suo successo, “Malinverno".
«È vero. Ma quella canzone, a differenza di “Gente di mare”, è carica di malinconia perché parla dell’estate che finisce, della solitudine legata ad un amore estivo spazzato via dalle piogge autunnali. Una spiaggia senza prospettive, molto diversa da quella descritta in ‘Gente di mare’».
Dilaga l’inevitabile follia provocata dalla vostra canzone.
«Si, ne sono a conoscenza. Il mio social media manager mi gira spesso i video che circolano in Rete e che riguardano i tifosi del Pescara, soprattutto quelli delle ultime gare dei play off».
Che effetto fa?
«È motivo di grande orgoglio vedere tanta gente scandire quei versi che mi appartengono. Tanto sentimento mi ha fatto diventare tifoso anche del Pescara».
A quante squadre tiene?
«A diverse (sorride). Mi piace lo sport in generale e seguo il calcio per coglierne gli aspetti tecnici e mi godo lo spettacolo. Vuole sapere come sono diventato tifoso della Fiorentina?».
Prego.
«Quando vivevo a Firenze sono rimasto folgorato vedendo giocare Baggio, fin dal suo esordio con la maglia viola. Era incredibilmente bravo».
Oltre alla Fiorentina?
«Vivo a Roma. Diversi amici e mia moglie sono tifosissimi della Roma e per forza di cose ho assorbito un po’ della loro passione calcistica. Se nelle coppe europee gioca un’italiana, riesco a fare il tifo persino per la Lazio e la Juve».
Conosciamo i suoi trascorsi da calciatore.
«Calciatore forse è troppo. Diciamo che ho giocato a discreti livelli in qualche squadra di calcio a 5, finché ho potuto, partecipando a un campionato di serie D con la maglia della Cisco Roma».
Lei in questo periodo è in giro per l’Italia con il suo tour “Self control”, nel quarantesimo anniversario della canzone dance cantata in inglese che ebbe un successo planetario. Tournée che toccherà diverse località e proseguirà in autunno nei teatri. Suonerà anche a Pescara?
«Purtroppo no. Il calendario non prevede Pescara nemmeno per il tour teatrale».
Se lo ricorda il suo concerto di due anni fa?
«Eccome. Mi regalarono anche la maglia biancazzurra che conservo gelosamente e ricordo il pubblico in coro che mi accompagnava durante ‘Gente di mare’». E, da allora, non hanno più smesso di cantarla.
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