«Le stesse perizie d’accusa scagionano gli imputati»

Le difese affilano le armi in vista dell’udienza decisiva che ci sarà domattina «I restauri non hanno avuto alcun peso nel crollo dell’edificio mal progettato»

di Giampiero Giancarli

L’AQUILA

«. Sono le stesse perizie dell’accusa che ci scagionano». Avvocati e imputati di uno dei processi simbolo del post-sisma, il crollo della Casa dello studente, con otto vittime, affilano le armi in vista dell’udienza d’appello decisiva di domani. Sotto accusa i tecnici che nel 2000 fecero i restauri, Domenico Berardino Pace, Tancredi Rossicone, Pietro Centofanti. insieme al dipendente Adsu Pietro Sebastiani. «Le relazioni depositate dagli stessi consulenti tecnici del pm», dicono, «avevano ritenuto estranee al crollo le attività connesse ai restauri». Ma una consulente del pm sostiene che ci sarebbe stato un cambio di destinazione d’uso con un aumento di carichi. «Il cambio di destinazione», dice la difesa, «si era realizzato all’atto dell’utilizzo dell’immobile per una destinazione diversa rispetto all’originaria. Ma la concessione edilizia del 1999 aveva confermato la destinazione d’uso a Casa dello studente fin dal 1980, data della prima e decisiva concessione edilizia». Ma gli appellanti, difesi dagli avvocati Mercurio e Massimo Galasso, riportano anche un parere della stessa perita del giudice: «Si può affermare che le modifiche apportate negli interventi di ristrutturazione, progettati dagli imputati, non sono da ritenere concause determinanti del crollo». La stessa perita aveva individuato la causa principale del crollo nel cedimento dei pilastri dell’ala Nord. Sempre secondo la difesa, il collaudo statico di quell’edificio progettato obiettivamente con gravissime carenze strutturali, spettava al concessionario e non ai progettisti. Il collaudo fu fatto negli anni Settanta quando venne rilasciata l’agibilità. Le difese contestano che la realizzazione della parete antincendio Rei (non strutturale), possa avere avuto un peso nella tragedia. «La stessa perita del giudice», asseriscono i difensori, «aveva affermato che la trave che reggeva la parete Rei era collassata ma non era da considerare il meccanismo iniziatore del crollo». Secondo la motivazione di primo grado, per la difesa, «senza la parete Rei il piano sarebbe crollato ma non pure i piani sovrastanti che, evidentemente, sarebbero rimasti sospesi nell’aria!». Quanto ai carichi in seguito ai restauri pare assodato che si è rimasti sotto i minimi di legge.

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