Lolli: «Ci riprenderemo la Santa Croce»

Il vicepresidente della Regione contro il titolare dell’azienda. Lunedì summit in Provincia sul futuro dei dipendenti

L’AQUILA. I funzionari della Regione andranno a riprendersi l’impianto di adduzione della sorgente di Canistro «con le tronchesi». Alle azioni dell’imprenditore azionista di maggioranza della società Acqua Santa Croce spa, il molisano Camillo Colella, la Regione reagisce con il pugno duro. Alla base del contendere c’è un braccio di ferro lungo mesi, che vede da un lato la società che da anni gestisce l’impianto per l’imbottigliamento dell’acqua, e dall’altro la Regione che vorrebbe tornare in possesso di un bene che le appartiene e poter, così, pubblicare un altro bando per una nuova gestione. In mezzo ci sono i lavoratori, 75 persone di cui lavorano soltanto in 20, «conseguenza», denuncia il sindaco di Canistro Angelo Di Paolo, «di una gestione non efficiente che ha portato nel tempo all’indebolimento dell’azienda». Sono i lavoratori, infatti, l’anello debole di una catena di accuse e polemiche che intanto tolgono tempo alla risoluzione dei problemi. Di Paolo è intervenuto ieri a Palazzo Silone insieme al vicepresidente della Regione Giovanni Lolli, all’assessore comunale di Canistro Ugo Buffone e al consigliere Cristiano Iodice in una conferenza stampa organizzata proprio per tentare di porre uno stop al continuo rimpallo – a suon di comunicati – di accuse.

Dove nasce il problema? L’attuale gestore è entrato in possesso dell’impianto e del bene nel 2008, già due le proroghe ottenute da allora. L’ultima, in seguito al bando della Regione nel 2015 per ulteriori 30 anni. E qui partono i problemi: dopo i controlli del caso la Regione si è accorta che il Durc (documento unico di regolarità contributiva), elemento fondamentale per rispondere a una gara pubblica, non era in regola. Di qui il ritiro della concessione ma, in contemporanea, anche l’avvio della vertenza. La società ha sinora precluso l’accesso all’impianto dell’adduzione (sono 3 chilometri che collegano la sorgente a un bottino di presa da cui partono le tubazioni verso lo stabilimento) e se la Regione non vi torna in possesso (consentendo a nuovi interessati di visionare) non può procedere col nuovo bando, che pure è pronto. Puntuale la risposta di Colella, arrivata in serata: «Lolli ci dovrebbe spiegare, allora, perché il precedente bando era stato preparato senza rientrare in possesso del bene. Come è possibile», ha aggiunto l’imprenditore, «che in un periodo di quasi un anno la Regione non abbia provveduto a emanare il nuovo bando ottemperando alle direttive del Tar che era stato chiarissimo nella sua sentenza. Infatti secondo il Tribunale amministrativo, il vecchio bando era regolare in tutte le sue parti ad eccezione di quella in cui mancava la procedura ambientale». Secondo Colella, inoltre, il bando sarebbe stato annullato «per una mancanza della Regione e non certo dell’azienda». Si chiede chiarezza alla Regione sul perché non abbia «mai risposto ufficialmente alle richieste di proroga inoltrate dalla Sorgente Santa Croce in attesa del nuovo bando». Un atteggiamento che «dimostra una disparità di trattamento e la volontà di far chiudere l’attività di una società sana che ha fatto investimenti e pagato personale diretto e indotto e che ora, per colpa della Regione, rischia il licenziamento». Intanto i tempi stringono e incombe su tutto l’ombra del licenziamento dei dipendenti, che potrebbero a quel punto fruire di 18 mesi di ammortizzatori sociali. «L’attività produttiva si è indebolita in questi anni per la Santa Croce», ha rincarato Lolli, «al contrario di quanto avvenuto in Abruzzo e in Italia dove il mercato delle acque minerali è cresciuto». Lunedì alla Provincia incontro per discutere del futuro dei dipendenti. (m.g.)

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