Macerie, sito a rischio allagamento

I tecnici rispolverano l’ipotesi della piana di Bagno, ordinanza in arrivo

L’AQUILA. Il Comune teme rivolte tipo quella di Monte Manicola, dove un tempo si voleva fare una discarica ma i paganichesi dissero no e allora non se ne fece più nulla. C’è anche questo nel calderone delle valutazioni all’indomani del vertice romano al ministero dell’Ambiente che non ha fatto altro che ribadire le risultanze dei «tavoli» locali sul problema dei problemi: le macerie. I siti, sempre gli stessi, Bazzano e Barisciano, verranno allestiti secondo gli stessi tempi previsti prima dell’intervento del ministro Prestigiacomo. Fin qui nulla di nuovo.

LA QUARTA AREA. Si cerca, però, anche una quarta area dove collocare in via temporanea i rifiuti. Un’area abbastanza grande da poter ospitare anche la fase del trattamento e della selezione. Un’area dotata di buone infrastrutture stradali e di una certa vicinanza agli snodi del traffico. Un identikit che porta dritto alla zona industriale tra Pile e Sassa, la zona Ovest. Una localizzazione, questa, che, se ritenuta idonea, potrebbe controbilanciare anche dal punto di vista geografico la dislocazione dei siti dell’ex Teges (nella foto), del nucleo industriale di Bazzano, di Barisciano e di Bagno. Sì, Bagno. Perché nella riunione romana si è tornato a parlare anche dei terreni pianeggianti attorno al vecchio aeroporto militare. Un’area che era stata scartata già alcuni mesi fa in quanto considerata a rischio idrogeologico.

Tuttavia, almeno una parte di quella zona, dove, non a caso, non ci sono insediamenti del progetto Case, potrebbe essere destinata a ospitare le macerie. Si tratterebbe della zona meno esposta al rischio allagamenti, un’area ridotta di circa 10 ettari a fronte dei 37 complessivi. Ci sono, tuttavia, anche altri otto siti che il Comune sta valutando, ma la lista viene tenuta segreta. Si temono sollevazioni popolari, in un momento in cui le tensioni sociali, e lo scontro politico, sono tornati a farsi sentire.

TECNICI IN TRASFERTA. Ieri i tecnici che fanno parte del «tavolo» sono tornati a Roma per definire i dettagli operativi dell’incontro politico del giorno prima. Lunedì, invece, arriva una spedizione di tecnici dal ministero per valutare come e dove piazzare le macerie. Intanto si profila il ricorso a una gestione mista pubblico-privata per fare fronte a una tale emergenza. Per i privati, tuttavia, saranno previsti dei paletti piuttosto consistenti. La priorità, comunque, per ora, è quella legata alla ricerca di siti pubblici da poter affiancare all’unico finora attivato, quello dell’ex Teges, dove vigili del fuoco e militari hanno finora assicurato il trasporto di 500 tonnellate al giorno. Troppo poco.

ORDINANZA IN ARRIVO. I bei propositi evidenziati nel supervertice di mercoledì scorso a Roma saranno messi in forma scritta e finiranno su un’ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri che regolerà ulteriormente competenze, tempistica e programmi dello smaltimento delle macerie. Primo punto: i poteri in capo al commissario del governo per la ricostruzione Gianni Chiodi che sarà il punto di riferimento per i Comuni nel reperimento e nell’allestimento dei siti di stoccaggio. Sono previste anche una serie di agevolazioni normative che dovrebbero snellire le procedure. Almeno si spera. In particolare, il decreto dovrebbe intervenire anche sulla possibilità di conferire piccole quantità di detriti derivanti dalle ristrutturazioni degli immobili. Infatti al momento vi sono dei limiti piuttosto stringenti che dovrebbero essere elevati per agevolare le imprese che non sanno dove andare a gettare le macerie. Si parla di un massimo di mille chili.

Inoltre, riguardo agli impianti di smaltimento, si prevede una deroga alla necessità di chiedere sempre la valutazione di compatibilità ambientale. Altre deroghe potrebbero essere previste per ottenere l’allungamento dei tempi di permanenza delle macerie sui siti di deposito temporaneo. Tre mesi sono considerati pochi per l’emergenza attuale. Tuttavia, i siti non diventeranno mai discariche né assumeranno i connotati della definitività. Anche sui terreni agricoli, così come nelle cave dismesse, sarà possibile avviare impianti. Non solo, quindi, in aree industriali o artigianali. Determinante, poi, il capitolo-risorse che è in mano al governo.