Mancato allarme, in sette sotto inchiesta

Indagati Barberi, Boschi e De Bernardinis. Rossini: la città doveva essere evacuata

L'AQUILA. I vertici della commissione Grandi Rischi e l'ex vice capo della Protezione civile sono i 7 indagati dalla procura aquilana nell'ambito dell'inchiesta sul mancato allarme. I reati contestati dai pm Alfredo Rossini e Fabio Picuti sono omicidio colposo e lesioni gravi. La procura ha inviato contestualmente all'avviso di garanzia l'atto di chiusura delle indagini: per i pm quelle 308 vite spazzate via dal sisma del 6 aprile 2009 potevano essere salvate con una diversa informazione.

GLI INDAGATI.
Sotto accusa, dunque, ci sono le persone più autorevoli sotto il profilo scientifico che parteciparono alla riunione della commissione del 31 marzo 2009 dalle 18,30 alle 19.30 sei giorni prima della catastrofe. Gli indagati, dunque, sono Franco Barberi, vicario della commissione grandi rischi, il professor Bernardo De Bernardinis, già vice capo della Protezione civile, unico indagato abruzzese essendo originario di Ofena, Mauro Dolce, direttore dell'ufficio prevenzione della Protezione civile, Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giuliano Selvaggi direttore del Centro nazionale terremoti dell'Ingv, Gian Michele Calvi, sismologo e direttore dell'Eucentre di Pavia, e Claudio Eva, ordinario di fisica terrestre dell'Università di Genova. Da segnalare che molti articoli del nostro giornale sono acquisiti agli atti.

LE ACCUSE.
Tra i sospettati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi ci sono degli esperti sismologi di fama intenazionale ma i due pm ci sono andati duri lo stesso. A loro avviso il verbale, punto nodale di tutta l'indagine, è carente sotto molti aspetti. Si contesta «una valutazione del rischio sismico approssimativa, generica e inefficace in relazione alla attività della commissione e ai doveri di prevenzione e previsione del rischio sismico». «Sono state fornite dopo la riunione» dicono ancora i due pm in uno stringato capo di imputazione «informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell'attività sismica vanificando le attività di tutela della popolazione». Secondo i pm gli indagati «sono venuti meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro funzione» anche sotto il profilo dell'informazione.

ROSSINI COMMENTA.
«I responsabili sono persone molto qualificate che avrebbero dovuto dare risposte diverse ai cittadini» ha commentato il pm Alfredo Rossini, «non si tratta di un mancato allarme, l'allarme era già venuto dalle scosse di terremoto. Si tratta del mancato avviso che bisognava andarsene dalle case».

I RICORDI DI CIALENTE.
«In quella sera del 31 marzo ero il vaso di coccio che faceva domande, ma ricordo bene le parole di Enzo Boschi dell'Ingv: ma che volete, all'Aquila prima o poi un terremoto arriva». Così il sindaco Massimo Cialente ricorda la riunione della Commissione grandi rischi. «Non so nulla, ma se venissi indagato sarei proprio cornuto e mazziato», ha commentato il primo cittadino dopo la notizia della chiusura delle indagini temendo di essere tra gli inquisiti. Timore infondato. Lo stesso sindaco, del resto, scrisse poco prima del sisma una lettera a Guido Bertolaso. Le scosse che precedettero il sisma del 6 aprile «oltre a procurare» affermò nella missiva «una preoccupazione nei cittadini, hanno generato un comprensibile timore nelle pubbliche ammnistrazioni per la stabilità delle scuole e delle sedi istituzionali». Nella nota Cialente spiegò che le verifiche di quei giorni portarono a «un quadro piuttosto allarmante», mentre «in numerose abitazioni sono stati riscontrati dei problemi di staticità».

«SCAGIONATI».
Le indagini che nella pratica sono state portare avanti dal capo della squadra mobile, il dottor Salvatore Gava e dagli uomini della Pg coordinati dal vice questore Mauro Pansini e dal collega Lorenzo Cavallo hanno portato a tenere sempre fuori dall'indagine altre persone che hanno partecipato alla riunione come il sindaco Massimo Cialente l'assessore regionale Daniela Stati e Altero Leone responsabile della protezione civile regionale. Alcuni politici rilasciarono interviste rassicuranti ma, evidentemente, i pm hanno ritenuto che le affermazioni poggiassero sulla relazione degli esperti e chiamarli in causa non aveva senso.

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