Micron, 20 anni di lavoro ma il futuro quale sarà?

14 Dicembre 2012

Reportage dalla mini-tendopoli allestita davanti allo stabilimento marsicano I dipendenti: «Stipendi a rischio, siamo preoccupati per i nostri figli»

AVEZZANO. Giorni drammatici per i lavoratori della Micron. Siamo andati al presidio allestito con tende e camper fuori la sede dell’azienda per dar voce alle preoccupazioni dei dipendenti che da un momento all’altro potrebbero perdere il posto di lavoro. Sindacati, tecnici e rappresentanti istituzionali si confrontano su una crisi che rischia di compromettere gli equilibri socio-economici di un intero territorio. «Sono dieci anni che lavoro in questa azienda», esordisce una dipendente, «in questi anni ho messo su famiglia, mi sono sposata e ho due bambine. Mio marito e io avevamo fiducia in un futuro solido, in quanto lavoriamo entrambi».

Dalle parole della signora marsicana traspare tutta la preoccupazione per un futuro incerto. «Il problema è mantenere quello che ho messo in piedi finora: pensare di dire a mia figlia “adesso non puoi andare più a ginnastica artistica perché devo ridurre i costi” è una cosa che non vorrei mai fare. Probabilmente adesso penso: “compro un paio di scarpe in meno e ginnastica gliela faccio fare lo stesso”. Purtroppo, da gennaio anche l’azienda di mio marito inizierà un ciclo di cassa integrazione. A questo punto», aggiunge, «sono disposta ad accettare qualsiasi lavoro anche se non rispecchia la professione che svolgo qui».

Ma la preoccupazione per i lavoratori è che questa vicenda possa finire nel dimenticatoio. «Inizialmente», incalza la dipendente «ho notato scarsa sensibilità attorno al problema Micron da parte dei media, forse perché nessuno pensava che si potesse arrivare a una crisi di questo genere. Adesso c’è abbastanza attenzione, anche grazie al nostro contributo diretto».

Una situazione che rispecchia quella di molte altre famiglie del cosiddetto ceto medio e rischia di avere serie ripercussioni sul tessuto sociale di un intero territorio. Illuminante in tal senso la testimonianza del sindaco di Trasacco, Mario Quaglieri, arrivato per portare la sua solidarietà. «Non è solo un problema dei lavoratori Micron», spiega, «è tutto l’indotto economico che poi verrebbe a mancare, perché qui ci sono sei milioni di stipendi al mese che assicurano introiti a tante attività commerciali. Sei milioni in meno al mese, che verrebbero a mancare a un’economia che è già in bilico nella nostra zona, determinerebbero un crollo globale. Il problema», sostiene Quaglieri, «è che la Micron non è affatto un’azienda in crisi, ma è semplicemente un’azienda che ha deciso di non investire più in Italia, quindi si possono fare molte lotte in tal senso anche se traspare, purtroppo, che non c’è nessuna voglia da parte della multinazionale Usa di continuare ad avere uno stabilimento in questa zona». Per Quaglieri, come tanti, l’unica soluzione sarebbe quella di trovare «un’entità internazionale di pari spessore che possa rilevare questo stabilimento».

Ciò che emerge in questo quadro è che la situazione è molto difficile sia per chi lavora qui attualmente sia, in futuro, per i giovani del territorio. «Sono uno tra i più anziani in questa fabbrica, uno dei primi assunti», commenta un dipendente, «è chiaro che la vita familiare si imposta in base al lavoro che si fa e a quanto si guadagna. Tutta questa situazione si ripercuote sul benessere dei miei cari: ho tre figli e li mantengo anche con il mio stipendio ed è chiaro che se oggi la Micron ha deciso di dismettere lo stabilimento, entra in crisi anche l’economia di tante famiglie come la mia».

Del resto, la Micron è un’azienda che eroga milioni di euro l’anno solo di stipendi. Conta quasi 1.700 dipendenti e contribuisce al 4% dell’export abruzzese.

Giada Giffi, Marinella Ippoliti, Beatrice Bisegna, Giulia Ricci,

Ilaria D’Alessandro e

Fabrizio Calfapietra

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