Avezzano

Morì per il sangue infetto due milioni agli eredi

Il ministero della Salute paga i familiari di un paziente morto per epatite dopo una trasfusione in ospedale

AVEZZANO. Una trasfusione di sangue infetto, una vita stravolta, la morte. A distanza di anni gli eredi di C.D. dovranno avere un risarcimento di due milioni di euro dal ministero della Salute. È quanto stabilito dal tribunale civile dell’Aquila nella sentenza emessa da Maria Carmela Magarò. C.D. è deceduto nel 2000 a causa di trasfusioni di sangue infetto con il virus dell’epatite C. I fatti risalgono al 1971 quando il paziente veniva ricoverato nell’ospedale di Avezzano per sottoporti a un intervento chirurgico. Nel corso della degenza ospedaliera, stando a quanto accertato da una perizia, l’uomo veniva sottoposto a numerose sacche di sangue.

Sangue infetto con il virus dell’epatite, sempre in base alla perizia, che gli provocarono nel corso degli anni una cirrosi epatica, fino alla morte.

«Dette sequele invalidanti» sottolineano i legagli della famiglia, gli avvocati Callisto e Berardino Terra «sono state accertate nel corso del giudizio a seguito di una consulenza medico-legale espletata dalla dottoressa Paola Giallonardo, incaricata dal giudice, la quale ha ben potuto accertare come le sacche di sangue trasfuse al paziente provenivano da donatori non identificati e verosimilmente positivi al virus Hcv trasmesso al paziente trasfuso. Il tribunale dell’Aquila, accogliendo in pieno la nostra tesi difensiva, ha ribadito, come già in precedenti sentenze, che sussiste la responsabilità extracontrattuale del ministero della Salute in quanto lo stesso era tenuto ad esercitare un’attività di controllo e di vigilanza in ordine alla produzione, alla commercializzazione e alla distribuzione del sangue e dei suoi derivati in virtù di tutta una serie di normativa vigente già dal 1967, controllo questo che invece fino agli Novanta è stato colposamente omesso. In particolare, la legge 592/67 conferiva all’allora ministero della Sanità funzioni di direzione tecnica, di vigilanza sulla organizzazione, sul funzionamento e sul coordinamento dei servizi relativi, di autorizzazione alla istituzione di appositi centri, di affidamento di compiti di ricerca e di consulenza al centro nazionale per la trasfusione del sangue appositamente istituito, di disciplina e funzionamento dei servizi trasfusionali, di esportazione ed importazione del sangue e degli emoderivati. Tali funzioni sono state esercitate solo tardivamente attraverso l’emanazione del decreto ministeriale del 18 giugno 71 prescrivente le direttive tecniche per la determinazione dei requisiti del sangue umano destinato a trattamenti trasfusionali».

In seguito ai tanti casi di sangue infetto – anche nella Marsica – le direttive nazionali sono diventate molto rigide. Così come sono scrupolosi i controlli.

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