Nonna Virginia incontra papa Francesco

L’unica sopravvissuta del bosco di Limmari domani dal pontefice al quale aveva chiesto un incontro

ROCCARASO. A 76 anni, dopo aver visto morire sotto i suoi occhi sua madre e due dei suoi fratelli, trucidati freddamente insieme ad altre 110 vittime innocenti, Virginia Macerelli, unica superstite nella strage dei Limmari del 21 novembre 1943, potrà realizzare il suo sogno nel cassetto. Virginia, infatti, domani mattina alle 10.30 potrà incontrare papa Francesco a cui solo qualche settimana fa aveva inviato una lunga e toccante lettera. E le sue parole, le sue preghiere sono state prontamente accolte dal Santo Padre che incontrerà Virginia, insieme al marito e a una delegazione locale. Naturalmente l’emozione per questo momento è incontenibile, così come racconta la figlia Patrizia. «Mia madre», ha spiegato, «è molto emozionata all’idea di incontrare il papa a cui racconterà alcuni momenti della tragica storia che ha colpito la sua famiglia come l’intera comunità di Pietransieri». Momenti drammatici che Virginia ha rievocato anche nella lettera inviata a Papa Francesco. «Mi sono salvata fortunosamente», aveva scritto, «dalle raffiche dei mitra tedeschi. Quel giorno i soldati uccisero 60 donne, 34 bambini al di sotto dei 10 anni, e molti vecchi, senza motivazioni documentate, ma per il semplice sospetto che la popolazione civile sostenesse i partigiani. Io, dopo le prime scariche di mitra che falciarono mia mamma e mio papà, finii sotto i loro corpi che mi protessero. Così mi sono salvata, ancora una volta grazie alla protezione dei miei genitori». E la storia di Virginia è una delle trenta testimonianze raccolte da Pier Vittorio Buffa, giornalista, ex direttore del Centro, nel libro “Io ho visto” (Nutrimenti, 368 pagine, 19,50 euro). Nonostante la violenza, nonostante la sofferenza, Virginia è riuscita ad andare avanti, a sopravvivere trascinandosi nei boschi vicini ai luoghi in cui avvenne l’eccidio per ben due giorni. Fu curata dalla nonna solo con acqua e sale non essendoci medicine a dimostrazione di come l’attaccamento alla vita sia stato più forte della violenza e più forte di quella logica di prevaricazione a cui le popolazioni locali furono sottoposte.

Claudia Sette

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