Operai sfruttati nella ricostruzione: annullati due arresti
La Cassazione ha accolto i ricorsi di Di Meo e Salvatore Intanto il pm ha chiuso le indagini per i sei sospettati
L’AQUILA. Due importanti novità nell’ambito dell’inchiesta dei carabinieri “Social dumping” nella quale furono arrestati sei imprenditori (ora liberi) per un presunto sfruttamento degli operai impegnati nella ricostruzione aquilana: Antonio D’Errico, 59 anni, residente a Tortoreto; Nicolae Otescu, detto Nico, di 46 anni, romeno; Francesco Salvatore di 56 anni di Pettorano sul Gizio, residente a Sulmona; Panfilo Di Meo di 58 anni, di Sulmona; Giancarlo Di Bartolomeo di 49 anni, di Teramo; Massimo Di Donato di 53 anni, anche lui di Teramo.
La prima novità è che la Procura ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il processo. Ma la seconda è dirompente e inattesa: la Cassazione ha accolto i ricorsi di Francesco Salvatore e Panfilo Di Meo, difesi dagli avvocati Alessandro Margiotta e Antonio Fiorella, annullando le ordinanze cautelari impugnate e rinviando al tribunale dell’Aquila per nuovo esame. I giudici della Cassazione hanno riconosciuto fondate le ragioni della difesa che con un primo ricorso in appello aveva contestato la nullità dell’interrogatorio di garanzia e la conseguente inefficacia delle misure per violazione del diritto di difesa, avendo tra l’altro il tribunale negato a Salvatore di rendere dichiarazioni spontanee; nonché la nullità per erronea applicazione di legge processuale non avendo fissato la scadenza delle misure applicate. Con secondo ricorso al Riesame, i difensori dei due costruttori sulmonesi avevano anche evidenziato la incompetenza territoriale del tribunale dell’Aquila, la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza e la carenza delle motivazioni dedotte dal Riesame anche in ordine alla omessa valutazione delle prove prodotte dalla difesa. In sede di Cassazione sarebbe emerso che nel fascicolo di indagine sussistevano circostanze e documentazioni a favore degli indagati forse disattese dal tribunale del Riesame, comprovanti che la “Salvatore e Di Meo” non ha posto in essere alcuna azione vessatoria e di sfruttamento nei confronti dei lavoratori distaccati. La pronuncia della Cassazione può estendere i suoi affetti anche a favore di Di Donato e Di Bartolomeo che hanno posizioni simili. (g.g.)
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