Popolo viola, corteo per pochi

Solo un centinaio di persone alla sfilata disertata dagli aquilani
L'AQUILA. «Ma dove sono gli aquilani?». È la domanda tra le file del Popolo viola, mentre a piazza d'Armi si cerca di radunare un corteo per raggiungere piazza Duomo. I volti si guardano perplessi: sono un centinaio e vengono da tutta Italia ma non dall'Aquila.
Quello che doveva essere «L'Aquila day», ieri si è tradotto in un corteo non troppo partecipato. Il movimento si allarga a macchia d'olio sui network, facebook in primo luogo (13mila adesioni virtuali). Ma in città a sfilare non sono molti. Mentre sul web si diffondono le bandiere nero-verdi, all'appuntamento di piazza d'Armi (punto di raduno dei manifestanti) arrivano alla spicciolata un centinaio di ragazzi con le magliette viola. Sono lì per manifestare solidarietà alla città. Espongono cartelloni con le scritte: «Non rido e non dimentico» e gridano: «Siamo tutti aquilani».
Ma gli aquilani si contano sulla punta delle dita. Il corteo parte con ritardo: alle 15.30 circa. I manifestanti, tra cori e slogan, raggiungono via XX settembre. Qualche ritardatario cerca di aggregarsi, facendo il percorso contrario: vorrebbe raggiungere la Casa dello studente dalla Villa comunale. Ma proprio all'imbocco di via XX settembre una pattuglia di vigili urbani impedisce il passaggio, per motivi di sicurezza. C'è chi non ci sta e così fa finta di non sentire i fischietti, poi si volta e urla: «Non potete togliermi il diritto di manifestare» e passa lo stesso. Alla Villa il gruppo cresce.
I curiosi si dispongono ai lati e lo fanno passare. In piazza il Popolo viola incontra i rappresentanti dell'Assemblea cittadina e dei comitati. Tra i due gruppi c'è tensione. I manifestanti entrano nel tendone dell'assemblea permanente per pochi minuti. Poi capiscono di non essere benvenuti, così fanno marcia indietro. «Questa manifestazione è stata ostacolata fin dall'inizio» sbotta alla fine Enza Blundo, una dei pochissimi rappresentanti dei comitati cittadini presente al corteo. «Mi è stato detto che sarebbe stato meglio farla a settembre.
Per questo non è venuto nessun aquilano». La raggiunge l'organizzatore dell'Aquila Day, Francesco Lovati, di Fermo. «I comitati ci hanno detto che in pochi avremmo fatto meglio a non venire. Prima ci hanno promesso cento posti letto, poi hanno ritrattato. Noi siamo voluti venire lo stesso per dare un segnale: anche solo in dieci avremmo potuto testimoniare quello che sta accedendo qui ed è l'unica cosa che ci interessa».
E' visibilmente alterato Mauro Zaffiri, uno dei componenti del presidio di piazza Duomo, quando vede entrare le bandiere viola nel tendone dell'assemblea permanente. «Quando vado a casa di altri chiedo permesso» dice, «loro non lo hanno fatto. Non ci hanno coinvolti sul da farsi. Non c'è stato confronto. Eppoi non era questo il giorno giusto: oggi siamo già tanto impegnati per organizzare la Notte bianca e abbiamo circa 200 persone in campeggio a Collemaggio».
Cerca di moderare i toni Massimo Moca, del comitato 3e32. «Ci stanno dando fastidio a livello organizzativo» spiega «occupano la piazza mentre noi dobbiamo lavorare». Intanto i vigili urbani fermano una manifestante marchigiana che ha fatto qualche ripresa per chiederle i documenti. Lei non ne capisce il motivo, ma porge la carta d'identità. Alza le spalle e sospira: «Che accoglienza».
Quello che doveva essere «L'Aquila day», ieri si è tradotto in un corteo non troppo partecipato. Il movimento si allarga a macchia d'olio sui network, facebook in primo luogo (13mila adesioni virtuali). Ma in città a sfilare non sono molti. Mentre sul web si diffondono le bandiere nero-verdi, all'appuntamento di piazza d'Armi (punto di raduno dei manifestanti) arrivano alla spicciolata un centinaio di ragazzi con le magliette viola. Sono lì per manifestare solidarietà alla città. Espongono cartelloni con le scritte: «Non rido e non dimentico» e gridano: «Siamo tutti aquilani».
Ma gli aquilani si contano sulla punta delle dita. Il corteo parte con ritardo: alle 15.30 circa. I manifestanti, tra cori e slogan, raggiungono via XX settembre. Qualche ritardatario cerca di aggregarsi, facendo il percorso contrario: vorrebbe raggiungere la Casa dello studente dalla Villa comunale. Ma proprio all'imbocco di via XX settembre una pattuglia di vigili urbani impedisce il passaggio, per motivi di sicurezza. C'è chi non ci sta e così fa finta di non sentire i fischietti, poi si volta e urla: «Non potete togliermi il diritto di manifestare» e passa lo stesso. Alla Villa il gruppo cresce.
I curiosi si dispongono ai lati e lo fanno passare. In piazza il Popolo viola incontra i rappresentanti dell'Assemblea cittadina e dei comitati. Tra i due gruppi c'è tensione. I manifestanti entrano nel tendone dell'assemblea permanente per pochi minuti. Poi capiscono di non essere benvenuti, così fanno marcia indietro. «Questa manifestazione è stata ostacolata fin dall'inizio» sbotta alla fine Enza Blundo, una dei pochissimi rappresentanti dei comitati cittadini presente al corteo. «Mi è stato detto che sarebbe stato meglio farla a settembre.
Per questo non è venuto nessun aquilano». La raggiunge l'organizzatore dell'Aquila Day, Francesco Lovati, di Fermo. «I comitati ci hanno detto che in pochi avremmo fatto meglio a non venire. Prima ci hanno promesso cento posti letto, poi hanno ritrattato. Noi siamo voluti venire lo stesso per dare un segnale: anche solo in dieci avremmo potuto testimoniare quello che sta accedendo qui ed è l'unica cosa che ci interessa».
E' visibilmente alterato Mauro Zaffiri, uno dei componenti del presidio di piazza Duomo, quando vede entrare le bandiere viola nel tendone dell'assemblea permanente. «Quando vado a casa di altri chiedo permesso» dice, «loro non lo hanno fatto. Non ci hanno coinvolti sul da farsi. Non c'è stato confronto. Eppoi non era questo il giorno giusto: oggi siamo già tanto impegnati per organizzare la Notte bianca e abbiamo circa 200 persone in campeggio a Collemaggio».
Cerca di moderare i toni Massimo Moca, del comitato 3e32. «Ci stanno dando fastidio a livello organizzativo» spiega «occupano la piazza mentre noi dobbiamo lavorare». Intanto i vigili urbani fermano una manifestante marchigiana che ha fatto qualche ripresa per chiederle i documenti. Lei non ne capisce il motivo, ma porge la carta d'identità. Alza le spalle e sospira: «Che accoglienza».
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