Preghiera in privato coi detenuti del supercarcere

SULMONA. Una speranza e un abbraccio a ciascuno di loro. La speranza e l'abbraccio del Papa per Tomas Catalin, Massimiliano Sestito, Fabio Ciaglia, Franco Bellingheri, Sebastiano Galluccio. Un romeno, due milanesi, un siciliano e un campano. Vissuti difficili alle spalle. Come nel caso di Bellingheri di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Per lui, autore di un omicidio, fine pena mai. Per lui come per gli altri, però, la speranza della redenzione. Nessuno dei cinque ha a che fare con la criminalità organizzata. Tutti, in carcere, hanno avviato percorsi di riabilitazione alla vita. Come per Ciaglia che lavora al progetto Fiori di confetto. Sono gli spaccati di storia emersi durante il colloquio col Santo Padre. I cinque hanno composto la delegazione del penitenziario di massima sicurezza di via Lamaccio - troppo spesso sotto i riflettori della cronaca per suicidi, tentativi, sovraffollamento - che ieri pomeriggio ha incontrato il pontefice nella nuova Casa sacerdotale in viale Roosevelt. Un incontro privatissimo perché così ha voluto la Santa Sede.

Otto minuti.
Tanto è durato il colloquio. Papa Ratzinger ha rotto anche il protocollo quando ha risposto a braccio ad alcuni detenuti. Al ricevimento hanno partecipato anche Franco Ionta, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di Roma, Salvatore Acerra, provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria per l'Abruzzo e il Molise, Sergio Romice, dirigente della casa di reclusione di Sulmona, gli agenti Giuseppe Colangelo, Valerio Capano, Antonio Carità, Pietro Giansante, Pasquale Previtali, Franco Messori, e Fiorella Ranalli, capo area educazione.

I doni.
I cinque detenuti hanno consegnato al Santo Padre un mosaico che raffigura una pesca miracolosa, un affresco di San Pietro Celestino e tavole di una Via Crucis restaurata. Quest'ultima opera abbellirà una chiesa. Gli agenti di polizia penitenziaria, invece, hanno donato un quadro con l'immagine di San Basilide, soldato e martire venerato dalla Chiesa e patrono delle divise carcerarie.

«Trovate la via».
Il Papa ha rivolto parole di speranza. «Sono felice di essere fra voi», ha esordito, «avrei voluto incontrarvi tutti ma non è stato possibile. Portate un saluto ai vostri compagni. Vi porto nel mio cuore e vi ricordo nelle mie preghiere. Di cuore vi auguro che possiate trovare la vostra via e dare un contributo alla società secondo le vostre capacità e i doni che Dio vi ha dato». Parole riferite al termine della visita, avvenuta in forma strettamente privata, dal vice direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Ciro Benedettini. «Le parole più ricorrenti durante l'incontro», ha proseguito il sacerdote, «sono state Grazie santità, pronunciate da tutti i presenti. Il Santo Padre ha dato un attestato di stima e vicinanza della Chiesa ai detenuti. Non ha voluto conoscere le loro storie, storie di persone che forse hanno sbagliato ma che sono pronte a intraprendere la strada della redenzione. Non era in programma, ma alla fine il Santo Padre ha preso la parola. L'incontro è stato breve ma intenso».

Il caso via Lamaccio.
La visita ha assunto un significato particolare. Perché nel carcere di Sulmona ci sono stati tredici morti - di cui undici suicidi - in dieci anni. Quindici episodi di autolesionismo dall'inizio del 2010, con due tentativi di suicidio ed anche la morte, per sospetta overdose, di un detenuto del reparto internati. Fino ad arrivare al suicidio della direttrice stessa del carcere, Armida Miserere, e a quello del sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini. Un carcere discusso, da anni anche sotto osservazione. Le vicende del penitenziario di Sulmona hanno spinto più volte diverse forze politiche a chiedere al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, la chiusura del reparto internati. Secondo Ristretti Orizzonti dall'inizio dell'anno «sono morti in Italia 54 detenuti, uno ogni due due giorni».

Attenzione della Chiesa.
Lo ha evidenziato da Franco Messori, cappellano dell'istituto di pena di Sulmona. In via Lamaccio sono recluse circa cinquecento persone. Di queste 180 si trovano nella sezione internati o Casa lavoro. «Ringrazio il Pontefice», ha sottolineato il cappellano, «che ha dimostrato l'attenzione della Chiesa verso il mondo dei carcerati».
Direttore commosso. Occhi lucidi per il direttore del supercarcere Romice. «Sì, mi sono commosso», conferma all'uscita, «perché questo incontro assume un particolare aspetto spirituale. Con questa visita si è compiuto un piccolo mirato e lo dobbiamo soprattutto a sua eccellenza monsignor Spina. Purtroppo viviamo in una realtà carceraria e ce la mettiamo sempre tutta per non fare accadere episodi spiacevoli. Speriamo che questo incontro con il Pontefice possa servire a rasserenare il clima».

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