L'udienza all'Aquila (foto Raniero Pizzi)

L'AQUILA

Processo Rigopiano, la Procura chiede la condanna per tutti i 30 imputati: 150 anni di carcere

In Corte d'Appello ribadite le responsabilità dei vari enti, dal Comune di Farindola alla Provincia di Pescara, alla Regione e alla Prefettura di Pescara

L'AQUILA. Sì è conclusa intorno alle 13,15 la prima udienza in Corte d'Appello all'Aquila per il giudizio di secondo grado a carico dei 30 imputati per la tragedia di Rigopiano del gennaio 2017.

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Dopo la relazione introduttiva del presidente Aldo Manfredi, gli interventi dei due sostituti procuratori di Pescara applicati per l'occasione all'Aquila, Annamaria Benigni e Massimo Papalia. Quasi due ore di intervento nelle quali sono state ribadite le responsabilità dei vari enti, dal Comune di Farindola alla Provincia di Pescara, alla Regione Abruzzo e alla Prefettura di Pescara soprattutto, in relazione a reati tra cui quello di disastro colposo, ma anche depistaggio, ad esempio, riferito all'allora prefetto Francesco Provolo. Sono complessivamente 150 gli anni di carcere chiesti dai pm di Pescara.

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Cinque i punti sui quali la Procura ha insistito: il nesso di causalità tra il terremoto e la valanga che quel 18 gennaio ha investito l'Hotel Rigopiano; la prevedibilità della valanga; la mancata realizzazione della Carta di valutazione pericolo valanghe da parte della Regione Abruzzo; la mancata convocazione della Commissione Valanghe e, riguardo alle responsabilità in capo alla Prefettura di Pescara, la mancata esecuzione dei compiti di Protezione Civile e il depistaggio, con la tristemente famosa telefonata del cameriere Gabriele D'Angelo non notificata alla Squadra Mobile.

Al ricorso della Procura quello ad adiuvandum delle parti civili, mentre da valutare anche i ricorsi dei legali degli unici tre condannati in primo grado: il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (2 anni e 8 mesi) e i due dirigenti della Provincia di Pescara Paolo d'Incecco e Mauro Di Blasio (3 anni e 4 mesi). Confermate nelle richieste della Procura le richieste di condanna già avanzate in primo grado.