Quando la città finì sotto le bombe

Nel maggio di 66 anni fa l'ultimo di 23 attacchi dei caccia anglo-americani

Avezzano non si era ancora completamente ripresa dal disastroso terremoto che 28 anni prima l'aveva rasa al suolo quando apparvero all'orizzonte giganteschi cacciabombardieri anglo-americani che l'avrebbero nuovamente distrutta quasi per intero. Il sistema di allarme era gestito da una squadra di protezione antiaerea della quale facevano parte, a turno, 28 dipendenti comunali; fin dal 1936 fu installata una sirena (proprio quella che ancora si fa sentire ogni dì a mezzogiorno) azionabile mediante pulsante posto nella sede del corpo di guardia: segnalato l'allarme, la popolazione si allontanava precipitosamente ove poteva e ove sperava di sfuggire ai micidiali bombardamenti. Molti si rifugiavano nella grotta di Ciccio Felice, l'antica dimora dell'uomo del paleolitico posta alle pendici del Salviano.  Tenuto conto dei tragici momenti che si stavano vivendo, un dipendente comunale fu appositamente incaricato di segnalare alla popolazione, mediante azionamento della sirena, l'arrivo imminente dei bombardieri; costui, appena cinque mesi dopo l'assunzione, si allontanò arbitrariamente dal servizio e per questo venne condannato a cinque mesi di reclusione e sostituito con altro impiegato. La città subì 23 bombardamenti ad opera della 12ª e 15ª Forza Aerea dell'Aeronautica statunitense: l'incursione del 23 gennaio 1944, operata dal 340º Bomber Group degli Usa, aveva come obiettivo l'intera città e il 19 marzo il 97º Bomber Group aveva, invece, come obiettivo la stazione ferroviaria con il suo scalo merci. Alcune date ed il corrispondente numero di incursioni: quattro a novembre 1943, due a dicembre 1943, quattordicia gennaio 1944, tre a marzo 1944, sette ad aprile 1944 e nove a maggio 1944.  Le ultime, quelle del 22 e 23 maggio, sono ancora ricordate dagli anziani con orrore per l'intensità, la reiterazione delle azioni e la vastità dei danni. I morti furono 94 e 504 i feriti. Molte case (il 78%) riportarono notevoli danni e 350 furono completamente rase al suolo; la stazione ferroviaria fu oggetto di ben 15 attacchi aerei e fu, ovviamente, completamente distrutta. L'importo complessivo dei danni ammontò a lire 784.770.000, una cifra enorme considerati i tempi (66 anni or sono).  Il sindaco di Avezzano, Rolando Spina, così descrisse i danni subiti dalla città: «Dal novembre 1943 al maggio 1944 Avezzano ha subito 85 bombardamenti aerei, con un complesso di 1722 apparecchi incursori, 3884 bombe di grosso e medio calibro, 551 spezzoni incendiari e dirompenti, 42 mitragliamenti... furono totalmente distrutti una chiesa, tre edifici scolastici, la stazione ferroviaria e due stabilimenti industriali (quindici di essi furono gravemente danneggiati), subirono gravissimi danni sei edifici scolastici e quattro chiese. La città fu completamente evacuata dalla popolazione nel periodo dall'8 dicembre 1943 al 23 gennaio 1944: pertanto le poche case rimaste in piedi o comunque abitabili furono occupate o frequentemente visitate dai tedeschi che ne asportarono ogni cosa utile. La popolazione sopportò sofferenze inenarrabili». Sedici anni dopo il sindaco Alcide Lucci, nel presentare la sua relazione al ministro dell'Interno allo scopo di ottenere, come in realtà poi avvenne, la Medaglia d'argento al valor civile per Avezzano, così scrisse, tra l'altro: «Si ebbero in quel periodo, ad opera dei tedeschi, sei esecuzioni capitali di partigiani, fra le numerose azioni di rappresaglia dei nazisti, merita particolare segnalazione la fucilazione di 33 marsicani che furono passati per le armi nei pressi della stazione ferroviaria di Capistrello e la pubblica crocifissione, in via XX Settembre, di Germano Naccarella».  Su proposta del ministro dell'Interno Taviani, il presidente della Repubblica, con Decreto del 1961, conferì la medaglia con la seguente motivazione: «Sotto l'infuriare dei bombardamenti e delle rappresaglie nemiche, che causavano gravissime perdite umane e materiali, conservò intatta la sua fede nella libertà e nei destini della Patria». (* storico)

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