Quel cimitero rimasto quasi come sei anni fa

Soltanto un parcheggio e alcune nuove costruzioni, ma le macerie sono ancora lì Fiori e orsacchiotti sulle recinzioni, transenne spostate per avvicinarsi alle tombe

L’AQUILA. L’acquazzone estivo è appena cessato. Sono da poco passate le 16.30 e il cimitero dell’Aquila è praticamente deserto. L’ingresso monumentale è puntellato, così come la chiesa della Madonna del Soccorso. Sono i primi segni che ricordano il terremoto che sei anni e mezzo fa ha colpito L’Aquila. Appena entrati c’è il tendone con la scritta ministero dell’Interno dove ancora oggi si celebrano le messe. Il cartello con gli orari delle funzioni religiose è appuntato su una delle fasce di tenuta della struttura. Il cimitero sembra pulito, i bidoni messi in fila e tutti vuoti. La lapide di Karl Heinrich Ulrichs, dove riposa il giurista tedesco morto all’Aquila nel 1895 e dove ogni anno si radunano gli attivisti per i movimenti omosessuali, si staglia pulita in mezzo alle lapidi di un secolo e mezzo fa. Andando più avanti i segni del terremoto si fanno più evidenti. La zona del sacrario dei Nove martiri aquilani è praticamente divisa a metà. Da una parte i loculi sono aperti al pubblico, dall’altra le transenne impediscono l’ingresso. “Edificio pericolante”: il cartello non lascia adito a dubbi. Le transenne rimosse e i fiori freschi indicano però che quell’avvertimento cade spesso nel vuoto.

Dietro al sacrario ci sono altri due edifici interdetti. Ma qui le transenne sono tanto strette da impedire ogni accesso, e i visitatori non possono fare altro che usarle per mettere i fiori. Nella zona più antica, dove le lapidi mostrano i segni del tempo, in alcuni punti compaiono dei mucchi di mattoni. Ci sarebbero ovunque i cartelli del Comune che minaccia sanzioni per chi lascia rifiuti, ma evidentemente anche queste indicazioni non vengono sempre rispettate.

All’edicola funeraria di San Giuseppe dei Minimi, il cartello indica anche la fine dei lavori: metà ottobre 2014. I ponteggi sembrano deserti. Superata questa zona, si va verso i nuovi edifici sul lato est. Qui c’è un grosso mucchio di sterpaglie abbandonate, ci sono le sepolture degli ultimi anni, c’è un orsacchiotto appeso a una transenna. Sullo sfondo il Gran Sasso cambia continuamente di colore, le tombe a terra sono recentissime. C’è anche una panchina su cui ci si potrebbe fermare a riflettere, se non fosse che questa è letteralmente sepolta da una pianta di ginestra.

Qui, nella zona est, c’è un parcheggio nuovo nuovo, aperto da più di un anno. Una cinquantina di posti auto, alcuni di questi sono riservati ai diversamente abili. Curiosamente, nessuno lo usa, preferendo contendersi i pochi posti lungo la strada. Il parcheggio non è segnalato. All’ingresso un cartello indica semplicemente “Zona video sorvegliata” e quindi nessun visitatore usa quel parcheggio per lo scopo per il quale è stato realizzato. A ovest c’è un altro parcheggio in fase di realizzazione, lì vicino l’edificio 96 era a volte usato come magazzino e vi regnava un grande disordine. Ma anche qui sembra che sia passata una brava massaia che ha messo in fila, una vicina all’altra, centinaia di antiche croci.

Raniero Pizzi

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