Redditi falsi di 1.700 utenti per non pagare i ticket Asl
Ecco perché l’azienda sanitaria ha deciso di bloccare le tessere e le prestazioni Irregolarità emerse dopo i controlli della Finanza: abbiamo applicato la legge
SULMONA. «Il blocco delle 1.700 tessere sanitarie è il risultato dei controlli incrociati fatti con la Guardia di finanza, che hanno messo in luce false autocertificazioni per l’esenzione da reddito basso». È questa la spiegazione fornita dalla Asl sullo stop collettivo alle prestazioni sanitarie per gli utenti risultati morosi, dopo le verifiche condotte assieme alle Fiamme gialle. «In seguito ad accertamenti compiuti dalla guardia di finanza» spiegano dalla direzione della Asl «sono state riscontrate dichiarazioni mendaci, quindi false, per ottenere prestazioni sanitarie con l’esenzione ticket».
Una situazione che interessa quasi duemila persone in tutta la provincia, con proporzioni destinate a lievitare in tutta la regione. Numeri importanti, che moltiplicati per il debito da incassare sulle prestazioni sanitarie erogate in un primo momento gratuitamente, hanno spinto la Asl ad applicare alla lettera la normativa. «La legge vigente» aggiunge l’azienda sanitaria «in caso di dichiarazione mendace e successiva inadempienza nel pagamento anche a rate, come nel caso oggetto di contestazione, prevede il blocco, senza alcun richiamo a possibili deroghe per determinate patologie di cui l’utente è affetta. Pertanto, a nostro avviso, non c’è stata violazione del diritto alla salute poiché le prestazioni possono essere ottenute a pagamento. Quelle urgenti sono invece sempre assicurate dal pronto soccorso. In definitiva, abbiamo applicato scrupolosamente la normativa vigente senza alcun comportamento arbitrario».
Il decreto ministeriale disciplina proprio il divieto a nuove prestazioni sanitarie in caso di debiti pregressi. Ed è qui che si inserisce il ricorso d’urgenza di una donna sulmonese accolto dal giudice del lavoro nei giorni scorsi. Secondo il magistrato il diritto alla salute non può essere messo in secondo piano rispetto a quello sul risarcimento dei crediti pregressi.
«La nostra azienda ha inviato all’interessata un avviso per invitarla a pagare il debito pregresso, scaturito dalle prestazioni non dovute, entro 120 giorni» continuano dalla Asl «nell’avviso si comunicava all’utente che in mancanza le sarebbe stato impedito l’accesso alle prestazioni a titolo gratuito del servizio sanitario, come previsto dal decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del dicembre 2009. L’utente ha risposto al nostro avviso dichiarandosi disposta a pagare a rate quanto dovuto, ma il debito non è mai stato saldato. Di qui la decisione della nostra azienda, secondo la rigorosa prescrizione della normativa, di bloccare l’accesso alle prestazioni richieste». Federica Pantano
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