Ricostruzione, ecco i criteri

Piano per i centri storici in 7 punti, sindaci cauti.

L’AQUILA. Ricostruzione dei centri storici, il piano in 7 punti è svelato. Ma i sindaci escono dalla riunione un po’ perplessi. «Con quali uomini e quali mezzi affrontiamo queste procedure così complicate?». Il commissario Chiodi, il vice Cialente e il capostruttura di missione Fontana alzano il velo sulle linee di indirizzo strategico per la ricostruzione ma la platea dei 57 amministratori del cratere rumoreggia.

LE SPINE. L’auditorium della Regione è talmente pieno che persino l’assessore Daniela Stati è costretta a stare in piedi dietro una colonna. Chiodi si scusa per questo. Presa visione delle linee d’indirizzo, parla per primo Americo Di Benedetto (Acciano): «La burocrazia esasperata continua a frenare la ricostruzione, ma il problema principale è quello dell’organizzazione delle strutture comunali. Con le forze che abbiamo, i tecnici comunali non sono in grado di produrre il lavoro che ci viene imposto. La prima richiesta è questa: aiutateci ad applicare le linee guida affiancandoci personale qualificato.

I problemi sono tanti: dalle difficoltà per gli aggregati con danni diversi dove la gente non può rientrare fino al caso delle schede B con la dicitura danno preesistente per le quali una perizia asseverata potrebbe servire a superare il blocco e i possibili ricorsi che stanno per abbattersi sulle nostre teste. Un altro problema è questo: se il piano di ricostruzione va sottoposto alla verifica di assoggettabilità ambientale non ne usciamo più. Come rispetteremo i tempi?». Il sindaco di San Pio delle Camere Gianni Costantini è più esplicito. «Io ho una frazione, Castelnuovo, interamente distrutta. Avete fatto una bella illustrazione, ma non abbiamo le strutture tecniche adeguate per applicare quello che avete detto, specialmente per aggregati e consorzi. Io non so ancora se posso rifare un centro storico completamente devastato: manca la microzonizzazione sismica.

Inoltre, per le case B e C dei non residenti ci sono i soldi oppure no? Chiarirlo è fondamentale: ne va del futuro dei nostri paesi». Prende appunti, Gaetano Fontana, capo di una struttura di missione in fase di allestimento. «Ma io non posso dare tutte le risposte», dice l’architetto chiamato a presiedere un gruppo di 30 persone, 15 delle quali provenienti dalla pubblica amministrazione e 15 esterne, quindi da assumere. «Senza raccomandati né presenze istituzionali», precisa Chiodi.

«SOLO MOTIVATI». La struttura tecnica di missione sarà operativa dal primo febbraio ed è un organismo nel quale non c’è spazio per presenze istituzionali «che, invece, saranno garantite con altri strumenti. Ribadisco, visto che già mi sono pervenute richieste da più parti, che essa non è un organismo di rappresentanza, ma una struttura composta di 30 membri, di cui la metà di dirigenti e funzionari di alcuni ministeri, che avranno il compito di raccordo con il territorio ma, soprattutto, saranno il punto di riferimento per i sindaci. Per gli altri 15, cerchiamo personale specializzato, individuato con selezione accurata e internazionale, cui potranno accedere tutti, tipo Delivery Unit di Blair. I selezionati verranno assunti e lavoreranno in esclusiva. Voglio giovani qualificati e motivati che lavorino 24 ore al giorno».

IL PIANO-FONTANA. Porta la foto di copertina col palazzo della prefettura devastato e la data di dicembre 2009 l’opuscolo di 10 pagine preparato da Fontana, con la collaborazione del Comune dell’Aquila, dal titolo «Linee di indirizzo strategico per la ricostruzione». «Ricostruire è pensare alla città-territorio, al rapporto con le frazioni e i paesi, e spogliarsi dell’aquilanità», dice l’architetto a Cialente. Il piano si sostanzia di alcuni punti e obiettivi fondamentali tra cui la pianificazione del territorio, la ripresa socio-economica, la riqualificazione dell’abitato e dell’armonica ricostituzione del tessuto urbano abitativo e produttivo.

Ricostruzione, però, è anche migliorare le brutture di prima e ripensare reti ambientali, storiche e culturali, mobilità, infrastrutture e servizi. Lo strumento affidato ai sindaci è il piano di ricostruzione che deve partire dall’individuazione dei centri storici. Provvisoriamente, in attesa dei piani veri e propri, per centro storico dell’Aquila s’intende la parte dentro le antiche mura mentre, per i paesi, le zone A degli strumenti urbanistici. Il documento di Fontana è modificabile. I sindaci potranno fare le loro proposte di integrazione.

LA PERIMETRAZIONE.
Una relazione illustrativa, elaborati cartografici e fotografie sono i documenti che devono accompagnare la perimetrazione, che non modifica gli strumenti urbanistici perché serve solo a evidenziare le parti da recuperare. Per L’Aquila, la delimitazione deve includere, di norma, almeno un edificio pubblico o di uso pubblico o di culto o ecclesiastico; un edificio vincolato; un edificio strategico per specifiche ordinanze. Il piano ha l’obiettivo di armonizzare gli interventi su tutto il territorio evitando differenze e puntando anche sul recupero delle zone degradate. Alcuni sindaci esprimono riserve sulla «complessità della procedura di approvazione», che consta di ben 11 passaggi.

GLI INTERVENTI. Secondo il piano, gli interventi possono essere attuati in forma singola oppure integrata. Per quei proprietari che non aderiscono agli aggregati o non rispondono all’invito del sindaco, il Comune può procedere all’esecuzione degli inteventi in sostituzione. Inoltre, se nei centri storici ci sono edifici singoli classificati A, B o C che non fanno parte di aggregati gravemente danneggiati, i lavori possono partire con le ordinanze, senza aspettare l’approvazione dei piani di ricostruzione.

LE PAURE. Una la esprime Cialente, l’altra Fontana. Il primo: «C’è gente che sta rifiutando casa perché vuole continuare a prendere l’autonoma sistemazione per campare: il lavoro è l’altro grosso problema». Il secondo: «Ho casa a Collimento di Lucoli. In quel Comune abbiamo un terzo di case con residenti molto anziani; un terzo di seconde case e un terzo di edifici abbandonati. La ricostruzione o è di tutto o non è per niente. Il territorio non va abbandonato».