Rogo all’Asm, prima pista: nel mirino il maxi progetto 

L’ipotesi al vaglio: i criminali volevano fermare l’espansione dell’azienda

L’AQUILA. C’è la prima vera pista da seguire. Si sospetta che i piromani volessero fermare il processo di espansione territoriale della municipalizzata aquilana Asm, per qualche interesse della criminalità legata al sistema dei rifiuti. Se ne parla insistentemente in queste ore, anche se gli inquirenti stanno ancora verificando tutte le altre possibili ipotesi. Questo, mentre si stanno calcolando i danni enormi al centro rifiuti di Bazzano andato in fiamme: la cifra è vicina ai 10 milioni di euro.
I DETTAGLI SOSPETTI
La tempistica e l’obiettivo specifico dell’attentato incendiario sembrano legati al maxi progetto in ballo per il potenziamento delle linee di trattamento dei rifiuti differenziati. Il rogo, ad opera chiaramente di “professionisti”, è stato infatti appiccato poche ore dopo che l’Asm aveva ricevuto l’autorizzazione regionale al piano di raddoppio della capacità di produzione di rifiuti riciclati (soprattutto plastica e carta) da circa 16mila a 34mila tonnellate all’anno. Questo avrebbe ovviamente permesso di estendere anche l’area di intervento della municipalizzata aquilana, che già oggi opera, oltre che nel capoluogo, anche nei comuni di San Pio delle Camere, Pizzoli, Capitignano, Montereale, Campotosto e Scoppito. Come si legge tra i documenti pubblici della Regione, la pratica per i lavori era stata avviata nel 2013, per poi sbloccarsi nel 2022. Ma l’attentato è arrivato solo nel momento in cui stava davvero diventando realtà. Altri due dettagli da sottolineare. Il primo: la Regione non aveva ancora pubblicato l’autorizzazione sul proprio sito web (ancora oggi si legge “procedimento in esame”), quindi la notizia del via libera non era di dominio pubblico, ma diffusa praticamente solo tra chi è dentro al settore. Il secondo: il capannone bruciato era proprio quello interessato dal piano di sviluppo e il macchinario distrutto era proprio quello del trattamento di plastica e cartone al centro del progetto.
LE INDAGINI E IL SEQUESTRO
Nell’Asm – che non avrebbe mai ricevuto minacce prima dell’attentato – in tanti sembrano convinti che la pista da battere sia quella dell’espansione aziendale. E non è un caso se i rappresentanti dei lavoratori usino queste parole per esprimere solidarietà all’azienda: «Ci mettiamo fin d’ora a disposizione e chiederemo all’amministratore e a tutte le istituzioni un incontro urgente, per delineare, in questo momento delicatissimo, un percorso condiviso per non far interrompere o rallentare la crescita dell’azienda Asm stava avendo sul territorio Aquilano», come si legge nella nota dei sindacati Fp-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Fiadel Ugl. «Sappiamo benissimo cosa comporta per l’azienda l’incendio» e «siamo rallegrati che nessun dipendente abbia avuto conseguenze gravi da questo vile atto».
Nel frattempo continuano le indagini della Squadra mobile, coordinate dal pm Marco Maria Cellini e con il supporto della Scientifica e del Nucleo investigativo antincendio dei vigili del fuoco, che ieri mattina ha compiuto un nuovo sopralluogo nel centro rifiuti sotto sequestro. Già trovati almeno tre inneschi, composti da materiale in grado di ritardare il divampare delle fiamme, così da consentire ai piromani di fuggire molto prima che qualcuno potesse dare l’allarme. Ascoltati i vertici Asm – in primis l’amministratore unico Lanfranco Massimi – gli investigatori stanno vagliando le riprese delle telecamere della zona (quelle dell’Asm non erano in funzione).
I DANNI
E si contano i danni. Solo il macchinario per il trattamento della differenziata – che stava lavorando al trattamento della plastica – valeva almeno 2,5 milioni. I 26 mezzi furgoncini per la raccolta dei rifiuti urbani distrutti – cioè un terzo dell’intera flotta dell’Asm – 1,5 milioni. Bisogna poi aggiungere il valore del capannone e la messa in sicurezza dei panelli pericolanti. E, forse anche quello dell’edificio di fianco che ospita gli uffici: sono stati richiesti ulteriori accertamenti statici. Poi ci sono le conseguenze, come i costi di gestione dell’emergenza: per esempio quelli per noleggiare altri mezzi per garantire il servizio di raccolta rifiuti. I danni, quindi, si stanno avvicinando alla soglia dei 10 milioni di euro.
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