Roma più lontana in bus 5mila «no» in poche ore
Trasloco all’Anagnina, prosegue la raccolta firme contro il piano della Raggi Federico, sindaco di Navelli: «Discriminazione per centinaia di utenti»
L’AQUILA. Continua a suscitare reazioni di protesta l’intenzione della giunta di Virginia Raggi di spostare il terminal bus dalla stazione Tiburtina ad Anagnina. Dopo il niet dei pendolari, la nota critica firmata dal gruppo consiliare L’Aquila Futura e la lettera inviata al primo cittadino di Roma dal sindaco Pierluigi Biondi per chiedere un passo indietro, iniziano a far sentire la propria voce anche i sindaci delle aree interne. La decisione del Comune di Roma è «una discriminazione che rischia di mettere in difficoltà le famiglie e le centinaia di cittadini che dall’Aquila e dintorni si spostano tutti i giorni a Roma per motivi di lavoro e studio» commenta il sindaco di Navelli, Paolo Federico. «Chiediamo di mantenere il terminal dei bus che arrivano dal nostro territorio direttamente a Tiburtina», afferma Federico, «più vicina rispetto all’Anagnina, servita dalla linea metropolitana B e distante solo tre fermate dallo snodo di Termini. Al contrario, se dovesse prevalere la scelta dell’amministrazione comunale di Roma i nostri pendolari subirebbero maggiori penalizzazioni sia in termini economici sia per il tempo impiegato per raggiungere le proprie destinazioni. Chiediamo di essere ascoltati e rispettati».
Numerose proteste arrivano anche dai pendolari della Marsica, ma finora nessun amministratore locale ha preso posizione.
Intanto, ha già quasi raggiunto le 5mila firme la petizione lanciata sulla piattaforma change.org da un gruppo di studenti per chiedere all’amministrazione capitolina il ritiro della delibera incriminata.
La stazione degli autobus di Tiburtina è gestita dal consorzio Tibus e muove circa 8 milioni di persone all’anno. La stipula del contratto di concessione risale al 1999, quando Tibus si chiamava ancora Società Tiburtina Bus srl.
La convenzione prevedeva l’affidamento in concessione dell’area per un periodo non inferiore ai quattro anni e non superiore ai nove e dal 2009 si è andati avanti in proroga e a canoni invariati. Fino al marzo del 2016, quando la convenzione è scaduta e il Comune, dove nel frattempo si era insediata la giunta pentastellata, ha deciso di non rinnovarla e di mandare il servizio a gara.
La Corte dei Conti ha aperto un procedimento nei confronti di sei dirigenti comunali contestando un presunto danno erariale da 4 milioni di euro per il Comune di Roma causato dal mancato aggiornamento dei canoni di concessione. La delibera di “sfratto”, intanto, è stata impugnata da Tibus, che ha annunciato un ricorso al Tar.
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