Santa Maria, rabbia e disperazione

15 Novembre 2009

In 5 salgono sul tetto e minacciano di gettarsi se non verranno ascoltati

AVEZZANO. La rivolta dei dipendenti del Gruppo Villa Pini contro l’imprenditore Vincenzo Angelini e contro la Regione si estende alla Marsica. Da ieri cinque dipendenti della clinica Santa Maria di Avezzano, da sette mesi senza stipendio, sono saliti sul tetto della casa di cura e hanno minacciato di gettarsi se non verranno risolti subito i problemi di tutti e 80 i lavoratori.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la revoca, da parte della Uil, della protesta con astensione dal lavoro negli ambulatori esterni (mantenendo le prestazioni per le donne in gravidanza), proclamata il 4 novembre scorso. E così ieri quattro donne e un uomo, invece di tornare a casa dopo una giornata di lavoro (ieri alla clinica Santa Maria è nato il 514º neonato dall’inizio dell’anno) hanno preso una scala e dall’esterno, dopo aver scalato due piani attraverso i balconi, sono saliti sul terrazzo dell’edificio. Qui hanno montato una tenda, due striscioni dal parapetto alto poche decine di centimetri e, con un megafono, hanno annunciato la loro protesta: «Non scenderemo da qui fino a quando Berlusconi, Chiodi o il prefetto non verranno a dirci che il nostro problema è risolto. Per l’emergenza terremoto sono stati tutti bravi a intervenire, ora vogliamo un intervento anche per la nostra situazione».

A sostenere i cinque lavoratori saliti sul tetto c’erano - davanti alla clinica - medici, infermieri e operatori sanitari della struttura che fino a notte hanno manifestato con slogan e striscioni. «Siamo esasperati dal mancato pagamento dello stipendio e dalla scarsa volontà delle istituzioni di trovare una soluzione definitiva per una vicenda che coinvolge complessivamente 1.618 dipendenti del gruppo Villa Pini», hanno scritto in un documento i lavoratori della clinica avezzanese. «Siamo stati costretti a ricorrere a forme di lotta che non avremmo mai voluto adottare per ottenere l’attenzione delle istituzioni. In vista delle soluzioni che potrebbero essere prese martedì dalla giunta regionale e da noi non condivise, chiediamo un incontro con il prefetto».

Il prefetto Franco Gabrielli, immediatamente avvertito della protesta, ha fissato un incontro per domani alle ore 17, nella sede della Prefettura all’Aquila. «Noi non scendiamo da qui», ha assicurato Giuliana, da 33 anni dipendente della clinica. «Aspettiamo di sapere cosa si decide lunedì, ma noi da qui non scendiamo». Al freddo e al buio, riparati dalle coperte di lana, i manifestanti hanno osservato gli esponenti politici che si alternavano su via Trento. «La situazione è drammatica», ha detto il senatore del Pdl Filippo Piccone «le famiglie sono arrivate all’esasperazione. Il contenzioso è spinoso e stiamo lavorando per risolvere il problema. Approveremo martedì una legge che toglierà dalle mani degli imprenditori della sanità un’arma terribile come quella della strumentalizzazione dei lavoratori, l’anello debole di questa catena. Una legge», ha aggiunto, «che sancirà una regola fondamentale: chi non paga i lavoratori perde gli accreditamenti».

Contro questa legge che toglie gli accrediti alle case di cura private dopo tre mesi dal mancato pagamento dei lavoratori sono proprio i dipendenti della clinica Santa Maria: «Con quella legge ci faranno morire, dovremmo aspettare altri tre mesi senza stipendio». Il Pd, ha annunciato il consigliere regionale Giuseppe Di Pangrazio, martedì presenterà due emendamenti contro queste storture, «che però il Pdl ha già bocciato in commissione».
«Istituzioni battete un colpo, ridate ai lavoratori e ai cittadini abruzzesi un segnale che lo Stato c’è», ha detto il segretario generale della Cgil-Fp Abruzzo Carmine Ranieri. «I lavoratori si rendono conto di essere stati lasciati soli da tutti e, in primis, dalle istituzioni, che in Abruzzo da troppi mesi fanno il gioco dello scaricabarile».

«Dopo i proclami sulla revoca degli accreditamenti ad Angelini», ha dichiarato il consigliere regionale del Prc Maurizio Acerbo «dobbiamo constatare che il centrodestra ha partorito una norma inconsistente e probabilmente suscettibile di impugnativa, che martedì sottoporranno al voto del Consiglio regionale. Non c’era bisogno di nuove norme», ha aggiunto, «ma di applicare quelle esistenti».